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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Monica Rizzello
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Esiste ancora la libertà di stampa in Italia? La sensazione è che se esiste non sta poi tanto bene. E non per colpa di Berlusconi, contro cui stasera si scaglieranno Santoro, la solita compagnia di giro del sindacato giornalisti e dei travagli, ma dei guardiani che quella stessa libertà avrebbero l'obbligo di tutelare. Con chi ce l'ho? Con l'Ordine dei giornalisti, un organismo  che ormai è diventato l'espressione di una sola parte dei cronisti italiani, quella di sinistra, e come tale sta agendo contro tutti quei colleghi che di sinistra non sono, censurandoli e minacciandoli di sospensione, quando non addirittura radiandoli dall'albo professionale, così da impedir loro di poter continuare a scrivere. I lettori conoscono bene la vicenda di Renato Farina, anche perché l'abbiamo ricordata su queste pagine poche settimane fa. L'ex vicedirettore di Libero è stato cancellato dall'albo in seguito alla sua collaborazione col Sismi: Renato aveva sicuramente sbagliato, almeno questa è la nostra opinione, e perciò ha pagato con l'esclusione dalla categoria. Ma l'Ordine non si è fermato a questo e ha aperto un nuovo procedimento perché, pur non avendo più il tesserino bordeaux degli iscritti, ha continuato a scrivere, avvalendosi del diritto costituzionalmente garantito che dà diritto a chiunque di esprimere le proprie opinioni. Non potendo agire contro di lui perché ormai ex giornalista, l'Ordine si appresta a farlo contro il direttore che gli pubblicava gli articoli, ovvero Vittorio Feltri, sulle cui spalle addebitano non solo il caso Farina, ma anche i fatti che riguardano l'ex numero uno di Avvenire  e gli attacchi al presidente della Camera Gianfranco Fini. Fonti vicine al supremo consiglio dei guardiani della professione fanno capire che per il direttore de il Giornale la sentenza è già scritta e prevede la pena massima, ovvero la radiazione. Del resto l'Ordine milanese aveva già provato in passato a cancellare Feltri e soltanto il ripensamento dei vertici nazionali aveva consentito che fosse irrogata la sanzione della censura. Se, come appare probabile, Vittorio sarà radiato, non solo non potrà più dirigere, ma c'è il rischio che non possa più nemmeno scrivere. Forse qualcuno pensa che tutto ciò sia un regolamento di conti fra opposti gruppi giornalistici, quindi una faccenda quasi privata, che non riguarda il pubblico, ma non è così. Che sia in atto un giro di vite contro i giornalisti di centrodestra è un dato di fatto. Tempo fa è stato sospeso il direttore del Gazzettino, Roberto Papetti, che ha la colpa grave di essere stato vicedirettore de il Giornale. L'altro settimana è stato mandato ai giardinetti il direttore di Videonews, Claudio Brachino. È dei giorni scorsi la notizia di un procedimento contro Vittorio Macioce, caporedattore de il Giornale, colpevole di aver scritto la parola «negro» in un titolo. Immagino che presto sarà aperta un'istruttoria  anche contro il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, per la storia di Trani o qualche cosa d'altro. E non si dica che l'Ordine sta semplicemente facendo rispettare i princìpi deontologici perché così non è. Possibile che a violare l'etica professionale siano solo e sempre i colleghi che non sono intruppati col sindacato che governa l'Ordine? Possibile che i direttori di sinistra siano sempre ligi e anche quando sbagliano siano redarguiti con un buffetto mentre quelli di centrodestra meritino la bocciatura? La sensazione è che la stretta in atto serva a mettere in riga chi non la pensa in un certo modo e che colpendo quei quattro o cinque colleghi più in vista si voglia educare gli altri. Del resto il motto è noto. A coniarlo fu Mao, poi i seguaci lo applicarono.

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