Cerca
Cerca
+

L'editoriale

Esplora:
default_image

di Giampaolo Pansa

Eleonora Crisafulli
  • a
  • a
  • a

Un water pieno di soldi. Per l'esattezza, trentasette milioni di vecchie lire, tutte in banconote che vennero gettate nella tazza del cesso e fatte sparire grazie allo sciacquone. Cominciò così la Tangentopoli del 1992. Quella del 2010 inizierà da una casa pressoché regalata a un ministro? Non lo so. Però sento in giro la stessa aria mefitica di allora. È vero che la storia non si ripete nello stesso modo. La prima volta si presenta sotto forma di tragedia. La seconda assume le sembianze di una farsa. Ma esistono anche le farse tragiche. Che possono concludersi nel sangue.  Se vado a ritroso nel tempo, il 1992 mi sembra un'epoca migliore di oggi. È vero che nel luglio di quell'anno il governo Amato ci aveva imposto un bel salasso: il sei per mille sui depositi bancari, per sistemare i conti pubblici. Ma allora il mondo, e l'Italia, vivevano più o meno in tranquillità. Il nostro paese non conosceva il marasma odierno. L'economia tirava abbastanza. Non eravamo alle prese con il dramma economico e sociale che ci assilla da tempo. I senza lavoro non erano poi così tanti. E gli italiani non vedevano soltanto il buio all'orizzonte. Il quadro politico reggeva. Il centro-sinistra sembrava saldo. La vecchia Dc, perno del sistema, era divisa in correnti. Ma nessuna di loro rappresentava una spina velenosa nel fianco della Balena bianca, come lo è l'insidia di Gianfranco Fini per il partito di Silvio Berlusconi. Infine il pericolo più grave per la Repubblica, ossia il terrorismo rosso e nero, era stato sconfitto da anni.  La prima Tangentopoli schiantò la casta dei partiti. Senza però distruggere la fiducia degli italiani nella politica. Può sembrare paradossale, ma a salvarla fu il lavoro dei magistrati di Mani Pulite. In seguito si scoprì che tra i sommersi c'erano alcuni partiti, mentre altri erano stati graziati. In più, la corruzione venuta alla luce allora era diretta soprattutto a finanziare in modo illecito le macchine burocratiche ed elettorali di questa o di quella parrocchia. Le differenze La corruzione che emerge oggi sembra invece diretta al finanziamento privato di questo o di quel boss partitico. È una differenza sostanziale. E ha un risultato inevitabile: accentuare il disprezzo degli italiani senza potere nei confronti di tutti i politici. Visti come un insieme di squali che puntano soltanto all'arricchimento personale.  Bisogna stare molto attenti al disprezzo che si va diffondendo. Per questo mi hanno sorpreso le parole dette a Lorenzo Fuccaro del “Corriere della sera” da una signora che conosce bene i polli del pollaio sul quale indaga per lavoro: Alessandra Ghisleri, la sondaggista più ascoltata da Berlusconi.  La signora si è espressa così: «Oggi, nell'era dell'immediatezza, è possibile che il politico in quanto tale venga percepito come un privilegiato, uno che ha più opportunità rispetto all'uomo della strada. La domanda che si sente rivolgere in giro è la seguente: perché tu hai tutte queste opportunità e io no? Ed è appunto questo sentimento che può innescare un moto di frustrazione talmente forte da sconfinare in una spinta al linciaggio».  Non possiedo tutti gli strumenti di cui dispone la signora Ghisleri, direttore di Euromedia Research. Ma da uomo della strada posso assicurarle che quanto lei paventa sta già avvenendo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la questione della casa del ministro Claudio Scajola. Guai a far pensare all'italiano qualunque che la casa a prezzo scontato, quasi regalata, sia diventata un benefit a vantaggio esclusivo della casta politica. La rabbia si scatena. E ancor più si scatenerà se emergeranno altri casi simili, come pare stia per avvenire. L'ora dei giudici Legato al disprezzo per la politica c'è poi un altro effetto da registrare. Dopo tante polemiche sui magistrati, e in particolare su quelli dell'accusa, i maledetti Pubblici ministeri stanno ritornando in auge con la velocità del suono. Se fossi un Pm mi fregherei le mani. E ci darei dentro nelle inchieste, a testa bassa. Infischiandomi di essere bollato come una toga rossa, bianca o azzurra. Non stupiamoci, dunque, se vedremo apparire nuovi casi Scajola. Con tutte le acide conseguenze che chiunque può immaginare.  Il primo che non deve stupirsi è Berlusconi. Il Cavaliere si trova in un frangente molto delicato e gravido di pericoli. Come premier ha già perso un ministro di prima fila. Come leader del PdL ha visto uno dei suoi tre coordinatori, Denis Verdini, finire indagato per corruzione. Per di più guida un governo che, pur disponendo di una larga maggioranza, dà l'impressione di essere un Titanic che prima o poi andrà a sbattere contro l'iceberg che lo aspetta al varco. La crisi dell'euro rischia di mandare al tappeto il Cavaliere e il suo seguito, insieme a milioni di risparmiatori italiani. Per fortuna, Berlusconi può contare su un ministro dell'Economia come Giulio Tremonti. È l'unico in grado di sorvegliare con occhio attento i nostri conti pubblici. Speriamo che riesca a tenerci al riparo dal disastro. Carte sconosciute Infine il premier non conosce quali carte abbiano in mano le procure di mezzo paese. Questo lo rende incerto sulle decisioni da prendere. Sono troppi i fianchi sui quali è scoperto. L'offensiva di Fini è soltanto una delle sue incognite. Tutto sembra congiurare contro di lui. Persino l'assurdo rifiuto della Lega di celebrare l'unità d'Italia. A questo punto, continuare a strillare contro qualche congiura è privo di senso. Ma anche scegliere la strada della crisi di governo seguita da elezioni anticipate è un'opzione gravida di azzardo. Per due motivi. Il primo è che nessuno può sapere se il presidente della Repubblica accetterà di sciogliere il Parlamento senza che la legislatura si concluda. Il secondo è che le elezioni si possono vincere, ma pure perdere. Ecco perché lo spettro di una nuova Tangentopoli potrebbe farsi concreto. Non sono un pazzo e, dunque, non me lo auguro. Infatti come cittadino confesso di essere spaventato. La nostra esistenza ne verrebbe ribaltata. Anch'io ho visto alla tivù le fiamme di Atene. E ho sofferto per i tre greci bruciati vivi nel rogo di una banca assalita a colpi di molotov da qualche banda di teppisti anarchici. Ricordiamoci di quel rogo. E affidiamoci al Padreterno.

Dai blog