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CHE C'AZZECCA TONINO CON LA CRICCA

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di Maurizio Belpietro

Francesco Biscaro
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Se dovessi lanciarmi in una previsione, azzarderei che, da questa storia di case gentilmente offerte dalla cricca, Antonio Di Pietro uscirà candido come un giglio. Sì, forse si scoprirà che Anemone gli ha risistemato l'appartamento romano e, se non lo ha rifatto a lui, lo ha ristrutturato a Silvana Mura, che poi è la stessa cosa essendo la parlamentare dell'Idv l'ombra dell'ex pm. Probabilmente risulterà che il canone di locazione non è dei più alti per quattro vani e mezzo in una zona a ridosso di via Nazionale, in pieno centro di Roma. Magari ci si interrogherà pure sui rapporti tra il due volte ministro dei Lavori pubblici, il provveditore alle opere pubbliche Angelo Balducci e Propaganda Fide, il braccio immobiliare del Vaticano. Ma alla fine non si arriverà da nessuna parte e la procura archivierà perché il fatto non sussiste e se sussiste, (...) qualora sia stato messo a disposizione un alloggio per lui o per persona vicina a lui, non c'è nulla di penalmente rilevante. Che poi è quanto capitato tutte le altre volte in cui Tonino è stato pizzicato sulla questione delle abitazioni e dei favori. A chi si fosse dimenticato dove l'ex pm ha soggiornato negli ultimi venti anni, nelle pagine interne Filippo Facci contribuisce a rinfrescare la memoria. Lui che è il massimo esperto di dipietrologia, ovvero la scienza che studia il fenomeno di un magistrato che usa la giustizia per far carriera e  buttarsi in politica, ha messo in fila tutte le volte in cui il capo dell'Italia dei valori si è trovato invischiato in faccende di case. Allora non si parlava di cricca, ma i piaceri erano se non uguali molto simili a quelli di oggi e per elencarli tutti il nostro Filippo è costretto a procedere a rate, pubblicando a puntate quel che c'è da sapere in materia. Naturalmente leggerete, ma io voglio solo ricordare il caso dell'appartamento di via Andegari, a Milano, che l'ex pm ottenne a equo canone dal fondo pensione della Cariplo, da uno che poi finirà indagato ma non farà neanche un giorno di galera. Di Pietro in realtà non abitava a Milano, ma era residente a Curno, in provincia di Bergamo, ovvero a poco più di mezz'ora di macchina dal tribunale. L'alloggio, pure quello in pieno centro, non serviva a lui, anche se a lui era intestato, ma al figlio poliziotto, lo stesso erede che più tardi fu costretto a dimettersi dal partito del papà perché beccato a raccomandare alcuni amici al telefono con il provveditore alle opere pubbliche della Campania, mentre il babbo ricopriva l'incarico di ministro dei lavori pubblici. Chiunque altro avrebbe, se non passato dei guai, quantomeno avuto qualche momento di serio imbarazzo. Non Di Pietro. Lui spiegò che di fianco alla Scala e a due passi dal Duomo ci stava il figlio e comunque l'alloggio non era più occupato da tempo: semplice come bere un bicchier d'acqua. Ecco perché penso che anche questa volta finirà così. L'ex ministro dirà che lui non c'azzecca niente con la cricca, che anzi lui l'ha combattuta, magari in un comodo appartamento ma l'ha combattuta. E se fosse rimasto al suo posto, Balducci e soci avrebbe provveduto personalmente a spostarli e a renderli inoffensivi. Lui non è mica come quel fessacchiotto di Bertolaso che, tutto preso dalle emergenze, non si era accorto di nulla: lui è Antonio Di Pietro, l'unico magistrato contadino e politico che si conosca al mondo. Un tipo furbo almeno quanto Bertoldo. Ecco, appunto.

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