L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Ieri anche Chiara Moroni ha lasciato il PdL per aderire al gruppo di Gianfranco Fini. La giovane parlamentare bresciana è lontana anni luce dalla storia dell'ex capo del Movimento sociale. Suo padre era un parlamentare socialista vicino a Craxi e fu tra i primi a venire travolto dall'inchiesta di Mani pulite. Quando Di Pietro lo indagò, non sopportò le accuse, scese in cantina e tirò fuori il suo fucile da cacciatore. Un colpo, un colpo solo, e di lui rimase poco. Restò la sua lettera a Napolitano, all'epoca presidente della Camera, uno dei documenti più drammatici di quella stagione. Ora Chiara ha deciso di seguire il presidente della Camera, dicono perché convinta dalle posizioni di Fini sui temi etici. Il caso vuole che segua un uomo che usa la questione morale per abbattere gli avversari, come fece Di Pietro ai tempi di suo padre. Rischiando di trovarsi al fianco un Pd di cui fa parte Gerardo D'Ambrosio, il quale all'epoca da magistrato liquidò questa tragedia senza pietà: «Si vede che c'è ancora qualcuno che per vergogna si suicida. Per il resto, non posso entrare nella mente di un altro». Ma non è questo il punto: dopo aver visto Bobo Craxi allearsi con i carnefici di suo padre non c'è nulla che possa stupire. Il tema riguarda invece lo stillicidio di uscite dal PdL che da qui a un anno potrebbe scavare un solco profondo nel partito di Berlusconi e, soprattutto, nel suo governo. Il numero dei finiani è stato senza dubbio una sorpresa per tutti: in molti, e tra questi noi, stimavano la pattuglia di fedelissimi del cofondatore al massimo in una ventina di deputati e quattro o cinque senatori. A carte scoperte si è invece saputo che sono in numero sufficiente a far cadere il governo, per lo meno a Montecitorio. Non solo, dopo ieri, è chiaro che non esiste e non è mai esistita un'alternativa a Fini. L'idea che buttato fuori uno si potesse rimpiazzarlo con Casini e i suoi alla prova dei fatti si è dimostrata inesistente. Anzi, probabilmente si trattava di una trappola, abilmente preparata dal presidente della Camera e da quello dell'Udc. Il disegno a questo punto appare chiaro. Il vecchio che avanza, costituito dai sopravvissuti della prima Repubblica Fini, Casini, Rutelli, Bersani, ha intenzione di fare lo sgambetto al governo per poi dare vita a quello che solitamente viene chiamato esecutivo tecnico o istituzionale, ma che in realtà altro non è che un'ammucchiata necessaria per nascondere i pasticci e gli inguacchi indispensabili per privare gli italiani del governo che hanno eletto. Come qualche tempo fa avevamo previsto, beccandoci pure da qualche lettore l'accusa d'essere troppo disfattisti, se verranno lasciati fare, questi signori organizzeranno un ribaltone e subito dopo cambieranno la legge elettorale per impedire che Berlusconi possa tornare a vincere. Un'operazione trasformista in piena regola, che se non troverà ostacoli, già entro la fine dell'anno potrebbe raggiungere il suo scopo. E qui ritorniamo a Chiara Moroni. Che una deputata rinforzi Futuro e Libertà cambia poco: Alla Camera il PdL e la Lega già non hanno i numeri per governare, mentre l'opposizione più i finiani potrebbero averli. Il nodo resta il Senato, dove l'esecutivo è in bilico. I seguaci del presidente della Camera probabilmente non sono ancora determinanti, soprattutto perché il PdL può contare su alcuni voti dell'opposizione. Oggi il ribaltone non è dunque ancora possibile e se Berlusconi cade, non ci sono che le urne. Naturalmente ciò che vale giovedì 5 agosto potrebbe non valere più il 5 settembre, soprattutto se ci saranno altre uscite come quella di Chiara Moroni e se queste avverranno al Senato e non a Montecitorio. Fa dunque bene il Cavaliere a mettere da parte le vacanze e a preparare le elezioni: Anzi, fossimo in lui non faremmo passare Ferragosto. L'agguato è dietro l'angolo: meglio giocare d'anticipo. Come qualunque generale sa, spesso è l'effetto sorpresa a far vincere le battaglie. Per la guerra, invece, si vedrà.