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L'EDITORIALE

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di Maurizio Belpietro

Paolo Franzoso
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Leggendo le dichiarazioni di Luca Barbareschi, parlamentare finiano favorevole a unioni omosessuali e adozioni a coppie gay, mi domandavo ieri se questa è la linea di Futuro e Libertà. Probabilmente su posizioni simili a quelle del deputato-attore potrebbe convergere Benedetto Della Vedova, che è un ex radicale liberale e libertario e forse anche qualche altro esponente del nuovo partito del presidente della Camera. Ma gli altri? Cosa penserà ad esempio l'ex ministro Mirko Tremaglia, il quale nel 2004 su carta intestata del suo dicastero diramò un comunicato di condanna dell'Europa per la bocciatura di Buttiglione a commissario Ue, sostenendo che ormai nel vecchio continente «i culattoni erano in maggioranza»? E che dirà Maurizio Saia, senatore veneto che per attaccare Rosy Bindi non trovò di meglio che darle della «lesbica»? È vero che i movimenti politici non devono essere una caserma ed è dunque giusto che al loro interno si confrontino posizioni diverse, ma rileggendo le dichiarazioni di alcuni dei seguaci di Fini, si trova tutto e il suo contrario e viene da chiedersi  dove vogliano andare e soprattutto cosa li tenga insieme, se non la voglia di favorire il proprio leader o di levar di mezzo Berlusconi. Già, perché se si mette da parte il problema della leadership del centrodestra, in Fli emergono profonde divisioni e non di poco conto. Prendete per esempio la legge sulla fecondazione e le norme sul biotestamento. Toccasse alla terza carica dello Stato decidere, liberalizzerebbe tutto e questo probabilmente non dispiacerebbe a Chiara Moroni, ex deputata di Forza Italia da poco approdata tra le truppe finiane, la quale in ragione della sua provenienza socialista è sempre stata scettica sulle posizioni etiche del PdL. Ma che dirà il cattolicissimo Giuseppe Valditara, senatore che pur aderendo a Futuro e Libertà firmò il disegno di legge Calabrò sul biotestamento e difese la legge sulla procreazione assistita? Come reagirà invece Antonio Buonfiglio, luogotenente di Fini, considerato uno dei più attivi deputati pro life? E ancora: il presidente della Camera si oppone alla legge sul processo breve e tra i sostenitori può contare su un pasdaran come Fabio Granata, il quale sembra più un esponente dell'Italia dei valori che del Popolo della Libertà e vorrebbe probabilmente ammanettare metà del suo ex partito. Ma come la penserà su queste materie Giuseppe Consolo, deputato e avvocato, il quale fu tra i firmatari di un disegno di legge denominato scudo Consolo che avrebbe dovuto garantire l'immunità ai ministri e altri provvedimenti molto garantisti e poco giustizialisti? Gli esempi potrebbero continuare, ma credo già bastino a spiegare che gli scissionisti hanno storie e idee molto diverse fra loro e certamente anche opposte esigenze. Fini per guadagnarsi uno spazio tra Bossi e Berlusconi fa la guerra alla Lega, contro il federalismo e a favore del Mezzogiorno. Ma tra i deputati che lo hanno seguito ci sono due capisaldi della pattuglia parlamentare: quello di provenienza siciliana e un secondo che ha radici venete.  A Granata, Briguglio, Scalia, Urso e altri può anche far gioco la nascita di una specie di Lega del Sud che si oppone all'asse tra Carroccio e PdL. Ma Giorgio Conte, Luca Bellotti, Maurizio Saia e Roberto Menia, tutti con collegio elettorale nel Nord est, come spiegheranno ai propri elettori una battaglia meridionalista contro  il federalismo e le esigenze della loro regione? Fino ad oggi il problema si è limitato alla scelta tra Fini e Berlusconi e le contraddizioni sono rimaste in ombra, ma quando davvero si dovesse discutere di questi argomenti, il fronte finiano rischierebbe di ritrovarsi assai meno solido di quanto tenda a far apparire. È su questo che scommette il Cavaliere, pronto  a tornare dalle brevi vacanze con un programma di pochi punti che destabilizzi la neo formazione. Il piano è chiaro: bisogna far leva sulle divisioni, confidando nelle defezioni  di un partito che da Futuro e Libertà è già stato ribattezzato «In Futuro non si sa».

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