Editoriale
di Maurizio Belpietro
E' vero, Silvio Brlusconi ha sbagliato. Anzi, ha commesso il reato più grave che ci sia, ovvero, per raccontarla come direbbe Bossi, ha fatto una gran pirlata e di questo probabilmente prima o poi dovrà rispondere. Ma non in un'aula di tribunale, come vorrebbero in molti e soprattutto a sinistra, bensì nella cabina elettorale. La stupidità sconcertante con cui, la sera del 27 maggio, il presidente del Consiglio si è infilato nel pasticcio di Ruby, è una questione che peserà sulla sua immagine e sul suo consenso, non sul certificato penale. Infatti, nonostante l'impegno profuso dalla stampa progressista per trovare un reato di cui si sia macchiato il Cavaliere, allo stato attuale nella vicenda della ragazza marocchina non c'è alcuna ipotesi penalmente rilevante, al punto che di lui si parla come di una possibile vittima. E' inutile dunque che la direttora dell'Unità e il pistaiolo di Repubblica continuino a scrivere di abuso di potere, accusando il premier di aver violato la legge con la telefonata per far rilasciare Ruby. L'abuso di poter - è bene che Concita De Gregorio e Giuseppe D'Avanzo sappiano - è un reato che per il codice penale del nostro Paese non esiste e dunque non è sanzionabile in alcun modo. Esisteva fino a qualche anno fa l'abuso d'ufficio, ma per fare un piacere a Romano Prodi che aveva un impiccio giudiziario è stato modificato ed ora è perseguibile solo un abuso in cui il soggetto abbia tratto un vantaggio patrimoniale, una eventualità che non è riconducibile al premier. Nè ci si può appellare all'interesse privato in atti d'ufficio, articolo che è stato cancellato nel 1990, o alla concussione, per l'invocazione della quale sarebbe indispensabile che Berlusconi avesse minacciato i funzionari della polizia, al fine di costringerli a commettere un illecito. Nulla di tutto questo risulta e se anche il Cav. avesse davvero detto che la giovane marocchina era una nipote di Hosni Mubarak, la possibilità di incastrarlo per aver indotto in errore il poliziotto, contestandogli il falso in atto pubblico, sarebbe inesistente, perchè Ruby non è stata lasciata andare in quanto parente del presidente egiziano, bensì perchè gli agenti non hanno riscontrato la flagranza per il reato di cui era accusata, come succede ogni giorno nei locali delle questure. Insomma, comunque la si giri, in questa vicenda Berlusconi non è indagato nè potrebbe esserlo, perchè da ciò che si è letto non ha commesso nulla di illecito. Spiegano gli illustri colleghi de l'Unità e di Pepubblica: anche se non ha ricevuto avvisi di garanzia, il presidente del Consiglio ha fatto qualcosa che non sta bene, telefonando a un funzionario di polizia e "utilizzando la carica da lui coperta a fini personali" e per questo si dovrebbe dimettere. Ullallà, che fatto imperdonabile. Chissà che avrebbe dovuto fare dunque Romano Prodi, il quale usò il suo potere per vendere la Cirio-Bertolli all'Unilever senza ricavarne un euro ma comunque agevolando la multinazionale anglo-olandese. Oppure Oscar Luigi Scalfaro quando intervenne sulla Corte costituzionale per far bocciare il referendum sulla Guardia di Finanza. E chissà cosa dovrebbe fare Gianfranco Fini, Il Bruto che ora invita Berlusconi a far le valigie, visto che un dirigente di Viale Mazzini lo ha accusato di aver fatto avere un appalto Rai di due milioni di euro al cognato (a proposito: ma i pm inseguono solo le ragazzine marocchine: i ragazzotti parenti del presidente della Camera invece non meritano alcun interesse?). Come si vede, il problema è politico, come sempre quando c'è di mezzo Berlusconi. Approfittando della sua debolezza, i giudici e le forze politiche tentano di fargliela pagare, costringendolo a una resa che da tempo attendono. Per come la vediamo noi, a differenza delle volte scorse, il Cvalier è messo male e rischia davvero di lasciarsi le penne. Se ci avesse ascoltato avrebbe dovuto dimettersi prima dell'estate, quando già s'indovinava la strategia di Fini, ma il governo e la maggioranza erano ancora saldi in sella. Purtroppo le cose sono andate come si sa e adesso ci tocca discutere di cene ad Arcore e ragazze marocchine, invece che di riforme della Giustizia o di misure a favore dei giovani. Al punto in cui siamo, non restano che due possibilità. O Berlusconi rovescia il tavolo e chiede il giudizio degli elettori rischiando iltutto per tutto, il posto e la sua carriera politica, oppure deve trovare un qualche accomodamento con gli avversari, garantendosi un salvacondotto ma rassegnandosi a un'uscita di scena non tra le più trionfanti. Giudichi lui cosa gli aggrada di più. Noi non abbiamo dubbi, ma comunque decida, sappia che il tempo stringe e senon sceglie, potrebbero essere altri a farlo per lui.