L'editoriale
di Maurizio Belpietro
In politica uno pensa di averle viste tutte e invece no, c'è n'è sempre una che ti spiazza e ti fa restare a bocca aperta. È quel che mi è capitato in questi giorni, leggendo le dichiarazioni di Italo Bocchino e di altri esponenti di Futuro e Libertà, con le quali il neonato partitino del presidente della Camera, pur di rottamare Berlusconi, si dice favorevole a un governo a guida Tremonti. Il mio stupore deriva dal fatto che fino a qualche tempo fa, il ministro dell'Economia era uno dei politici più invisi a Gianfranco Fini: che il suo ventriloquo proponga addirittura di metterlo al posto del Cavaliere è impresa da triplo salto mortale. Tra i due infatti c'è una ruggine spessa di anni, per lo meno dal 2003, quando l'attuale terza carica dello Stato non riusciva a trovare qualcosa da fare ed era costretta a iondolare nei corridoi di Montecitorio in attesa di darsi un ruolo. Dopo aver regalato agli statali un aumento da record, al nostro venne l'idea di giocare al piccolo economista e propose di costituire una cabina di regia alla guida del Tesoro. In pratica, Fini e i suoi avrebbero voluto avere l'ultima parola in merito alle decisioni di spesa, sottraendole al ministro competente. Giulio, che quando si impegna in perfidia non è secondo a nessuno, suggerì ai collaboratori dell'allora vicepremier le misure da adottare e quando in consiglio dei ministri fu presentato il piano da lui stesso insufflato, lo commentò con entusiasmo, svelando poi d'aver contribuito indirettamente alla sua preparazione. Immaginatevi dunque la faccia di Fini, il quale credeva di dare una lezione a Tremonti ed era costretto a subirla: da quel che mi raccontano aveva una smorfia peggiore di quella del 14 dicembre, quando Berlusconi ottenne la fiducia per soli tre voti. Da quel giorno la rivalità con il ministro dell'Economia si trasformò in odio e appena si presentò l'occasione il leader di An chiese la testa di Giulietto, il quale fu costretto a traslocare, salvo rientrare dalla finestra di via XX settembre meno di un anno dopo con grande dispiacere di Fini, il quale però vista la situazione dell'economia fu costretto ad ingoiare il rospo. L'aspetto più incredibile della vicenda non è però che il presidente della Camera per far fuori il Cavaliere si faccia andar bene uno dei suoi più acerrimi rivali, ma che il sostegno sia una implicita smentita di tutte le motivazioni addotte per far nascere Futuro e Libertà. Tra le contestazioni mosse a Berlusconi, infatti, c'è la politica economica del governo, ritenuta troppo restrittiva e poco attenta al Mezzogiorno e ai giovani, oltre all'asse sbilanciato a favore della Lega Nord. Ma se c'è uno che ha avuto ruolo nella politica di contenimento della spesa e nell'alleanza tra PdL e Lega, questi è Tremonti. Dunque Fini, in odio a Berlusconi, punta proprio sulla persona che ha più responsabilità nelle scelte che egli ha fin qui contestato. Oddio, già ora il capo di Fli ha ottenuto il contrario di ciò che si proponeva rafforzando l'asse del Nord invece di indebolirlo. Ma avanti di questo passo ne garantirà il successo pieno. Ne conseguono due riflessioni. La prima è che Fini è più fesso di quel che credevo. Avendo assunto col tempo un'aria seria, mi era parso che fosse serio anche lui e invece mi sbagliavo. Dunque ha ragione il Cavaliere quando dice che per vincere bisogna sempre fare il contrario di ciò che vuole Gianfranco. La seconda riflessione riguarda invece Tremonti, ilquale come ho spiegato è perfido - e anche molto ambizioso - ma non è di certo stupido. È probabile che Giulio sogni un futuro da presidente del Consiglio, ma non essendo nato ieri sa benissimo che chi può aiutarlo a realizzare il desiderio non si chiama Fini, il quale col suo appoggio può solo portagli jella, ma Berlusconi. Il dopo Cavaliere può infatti essere deciso solo in accordo con il Cavaliere. Quindi, siccome per ora Silvio non vuol sentir parlare di un dopo Silvio, per Tremonti è meglio pazientare. Rinunciando a certi sponsor: quelli è meglio perderli che trovarli.