L'editoriale
di Vittorio Feltri
L'argomento non è dei più appassionanti, però bisogna trattarlo - e me ne scuso coi lettori - perché rischia di diventare l'ennesimo pomo della discordia politica. Alludo alla riforma della giustizia di cui si parla da oltre quindici anni senza costrutto, nel senso che se ne parla e basta. Ora qualcosa si muove. Berlusconi pare deciso a fare sul serio e sta preparando una bozza di legge costituzionale. Sul contenuto della quale sono filtrate solo indiscrezioni, ma ciò è stato sufficiente a irritare i magistrati che, pertanto, hanno maturato l'idea di protestare clamorosamente. Come? Ovvio, con uno sciopero. È soltanto una minaccia o un programma? Non è dato sapere. In ogni caso sarebbe uno sciopero preventivo, secondo la moda inaugurata da Bush; o meglio, uno sciopero ad personam in quanto le toghe non possono avercela con una legge che non c'è ancora e che forse non ci sarà. Semmai ce l'hanno con l'uomo che da anni sogna di portarla a compimento e che non è mai riuscito a passare dalla fase onirica a quella della concretezza. Anche i magistrati, come tutti i lavoratori, godono del diritto ad astenersi dal lavoro per venire a capo di una vertenza. Peccato che qui non ci sia in ballo alcun contenzioso di tipo professionale. Semplicemente i giudici sono contrari al fatto che Berlusconi si permetta di elaborare, ed eventualmente far approvare in Parlamento, una qualsivoglia riforma che li riguardi. Essi forse non gli riconoscono i titoli - visto che è indagato e perfino sotto processo - per ficcare il naso nella giustizia che lo persegue (invano) da anni. Sicché la situazione è paradossale, se non addirittura grottesca. La magistratura è tenuta ad applicare i codici penale e civile e non a discuterli o, peggio, a piegarli a proprio piacimento. Infatti fra i suoi poteri non c'è quello legislativo che invece è attribuito alle Camere. E allora perché sciopera in opposizione a una riforma soltanto ventilata e non ancora approvata? Mi sembra chiaro: desidera intimidire il presidente del Consiglio, indurlo a desistere dal proposito di modificare il sistema giudiziario. Ecco perché lo abbiamo definito sciopero preventivo o ad personam. Preventivo perché diretto a impedire (illecitamente) che il premier faccia il suo mestiere; ad personam perché il premier si chiama Silvio Berlusconi, notoriamente nel mirino di varie Procure. In conclusione, non siamo davanti a una lite sindacale, con una corporazione (quella dei giudici) che agisce in difesa di un contratto di lavoro (o per migliorarlo), e con una controparte (lo Stato) impegnata a non concedere nulla, ma a un autentico conflitto fra poteri, a una lotta fra istituzioni. In ultima analisi, capirei se i giudici, a riforma varata, facessero sentire la loro voce. Viceversa urlano contro un provvedimento che esiste solo nella testa del Cavaliere. È il più classico processo alle intenzioni. Un inedito nel nostro Paese. Ci toccava anche questo.