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L'editoriale

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di Vittorio Feltri

Giulio Bucchi
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Ieri il titolo d'apertura di Libero lanciava senza infingimenti il tema del giorno: «Berlusconi è bollito?». Sotto, una articolessa di Maurizio Belpietro con lo svolgimento. Che riassumo. Il premier combatte da anni contro avversari agguerriti e disposti a tutto per stritolarlo, ne ha prese tante e tante ne ha restituite. Finora ha resistito. È ancora lui l'uomo da buttare giù. Ma nessuno ci riesce, nonostante che contro il Cavaliere siano state impiegate armi d'ogni tipo, lecite e non. Nemmeno le iniziative reiterate delle Procure della Repubblica hanno fatto centro. Silvio sembra invulnerabile. Tutti pensano: avrà anche lui, come Achille, un tallone vulnerabile. Alle argomentazioni di Belpietro se ne possono aggiungere altre per spiegare come mai i detrattori del leader del centrodestra abbiano fallito. La più importante è la seguente: Berlusconi, anche se è stanco e pro- vato, anche se talvolta dà l'impressione di essere rintronato, rimane al momento più forte dei suoi nemici, uno più stolido dell'altro, tutti incapaci di proporre un'alternativa, di organizzare una tattica e una strategia a medio e lungo termine. Vivono alla giornata. Sperano in un miracolo. Non confidano nelle proprie forze - che non hanno - ma in una calamità che annienti il presidente del Consiglio, costringendolo a traslocare. Quel prete di Lecco del quale abbiamo scritto ieri e venerdì, don Giorgio De Capitani, è stato l'unico ad avere avuto il coraggio di rivelare apertamente ciò che l'opposizione in massa ha nel cuore: «Prego il Padreterno affinché Cristo ci liberi da Berlusconi, gli mandi un bell'ictus che lo stecchisca». Questo sacerdote non sarà un cristiano esemplare, ma almeno è sincero nel suo odio feroce, degno dei tagliatori di testa iracheni le cui gesta non abbiamo dimenticato. C'è da osservare che quando si arriva a invocare l'intervento di Dio per sbarazzarsi di un antagonista politico, significa aver già raschiato il barile delle idee. È una ammissione di impotenza e di infiacchimento morale da cui si evince che al momento non esiste pericolo umano che possa eliminare il Cavaliere. Il quale però deve temere se stesso, la propria tendenza a commettere stupidaggini, il proprio temperamento da autentico zuzzurellone che mal si concilia con il ruolo di capo del governo. Silvio è sempre andato a cercarsi le grane che lo affliggono e da cui potrebbe uscire ammaccato o addirittura sconfitto per l'eternità. Prendiamo il caso Ruby. Per difendersi dall'accusa di averla posseduta o palpottata quando la ragazza era minorenne, e di aver telefonato in questura per toglierla dai guai, ha dichiarato con sprezzo del ridicolo di aver creduto fosse la nipote di Mubarak. Non conta se ciò sia vero o no. Semplicemente è una “scusa” imbevibile per chiunque. Il motivo è ovvio. Se tu sei un premier e ti imbatti nella nipote di Mubarak, cosa ti viene in mente di fare? Di invitarla a cena, chessò, al Savini in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, con gente altolocata, così per renderle gli onori che merita la parente di un capo di Stato estero, o di portartela nella discoteca di casa tua per una serata di bunga bunga? È evidente che la opzione numero uno è la più idonea. La seconda contrasta col senso comune (non solo del pudore) e viene accolta come un'autocertificazione di colpevolezza. Ho citato questo esempio perché clamoroso nella sua sgangheratezza. Qui non c'entra il moralismo d'accatto caro alla sinistra da quando è diventata bacchettona per speculazione politica. È solo questione di logica. Non c'è elettore di centrodestra (eccetto alcune signore) che si scandalizzi se il Cavaliere si contorna di un numero impressionante di giovani donne a sco- po ludico; male che vada, suscita invidia in qualche maschio. Se però si viene a sapere, sia pure attraverso la pubblicazione malandrina di intercettazioni telefoniche, che lui promette alle favorite di trasferirle in Parlamento a titolo di premio per buone prestazioni a letto, ebbene, questo non giova alla sua reputazione. Normale, anzi, che la stampa e le tivù nostrane e internazionali ci ricamino su con molto compiacimento, insaporendo la storia con particolari piccanti e talora addirittura inventati. Da notare che gli aspetti giudiziari della vicenda Ruby sono secondari, e non è escluso che l'imputato alla fine venga assolto. Il problema è d'altro tipo: un presidente del Consiglio trascinato al centro di trame hard rischia, indipendentemente dall'accanimento giudiziario, di essere sfottuto più che condannato. Immagino che per Berlusconi non sia piacevole nella presente congiuntura andare in giro per il mondo a parlare, come sarebbe opportuno, con i suoi colleghi di Francia e Germania dell'emer- genza clandestini e/o profughi. Una specialità in cui egli eccelleva erano i rapporti diplomatici e d'affari. Trattava da pari a pari con ogni capo di Stato o di governo, e quasi sempre otteneva risultati ragguardevoli. Oggi perché non si occupa direttamente dei colloqui con la Merkel e Sarkozy per dirimere il contenzioso immigrati che minaccia di sfasciare la maggioranza, stanti le polemiche interne alla Lega? Sono solo appunti, ma servono a sottolineare l'oggettivo appannamento del premier, probabilmente frastornato dalla causa Mondadori-De Benedetti, dal processo Mills e da altri procedimenti, dai contrasti con Gianfranco Fini che hanno indebolito la coalizione, dalle difficoltà a far passare la riforma della giustizia, per lui vitale. Hanno un bel dire i signori della sinistra che Berlusconi punta soltanto su leggi ad personam. Come efficacemente ha detto Franco Bechis, vicedirettore di Libero, alle inchieste ad personam non si può che rispondere con norme ad personam. O c'è un modo diverso per sciogliere il nodo? Tra l'altro l'anomalia non è un presidente del Consiglio ricco, padrone di tivù e case editrici e cinematografiche eccetera, ma il fatto che nel nostro Paese ci sia voluto uno come lui - altri non c'erano - per mettere in piedi un partito competitivo e all'altezza di rimpiazzare la Democrazia cristiana e i Socialisti (più i nanetti Pri, Pli e Psdi) massacrati nelle aule di tribunale. A onta di tutte le critiche che abbiamo fatto, facciamo e faremo al Cavaliere, non vediamo un uomo o un movimento o un partito attrezzati per batterlo. D'Alema è sparito. Fassino idem. Bersani è un ectoplasma. Fini si è suicidato. Casini non si comprende dove vada a parare. Ci sarebbe Renzi, ma lo detestano perché non è stupido. Di Pietro è folclore. Vendola è un orecchietto alle cime di rapa e nulla più. Bollito o no che sia, Berlusconi, a confronto dei pretendenti al trono, è un gigante. Conviene tenerselo. E che il Signore non dia retta al pretacchione di Lecco.

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