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L'editoriale

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di Vittorio Feltri

Andrea Tempestini
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Percezione: nel centro destra, a spoglio ancora in corso, era già cominciata la caccia al capro espiatorio. Ma non l'hanno trovato, per il momento, e difficilmente lo troveranno. Le vittorie hanno molti padri; le sconfitte invece sono orfane. Chi non ha il coraggio di accusare Berlusconi, temendo che questi sia soltanto ferito e possa vendicarsi, se la prende con La Russa, coordinatore del Pdl al Nord, e vorrebbe affondarlo con un siluro ad personam. Chi detesta Daniela Santanchè perché siede alla destra di Dio Padre Onnipotente e domina la scena televisiva, attribuisce a lei tutte le colpe. Altri sono incavolati con la Lega che procede a zigzag, una volta sta col governo e una volta all'opposizione, disorientando gli elettori. Qualcuno si spinge oltre e indica in Bossi la causa del disastro. Introducendo nel suo partito il diritto dinastico, Umberto ha elevato il figlio al rango di Trota; via, questo non si fa. Egli era contrario alla guerra in Libia, poi ci ha ripensato e ha ricucito con Berlusconi, inventandosi la storia della mozione. La mozione? Roba da politicanti democristiani della peggior prima Repubblica. Intanto, il povero Maroni si è sbattuto invano per tamponare l'immigrazione, e non si è capito più niente tranne una cosa: la Lega imborghesita e romanizzata ha perso forza rappresentativa e voti. Le analisi, più o meno rozze, più o meno approssimative - sfoghi tanti e ragionamenti pochi - si sprecano; ogni testa ne esprime una che contiene almeno un pizzico di verità, ma non tutta. Ciascuno porta acqua al proprio mulino, e manca una spiegazione convincente. Oddio, una ci sarebbe, però nessuno osa dirla perché screanzata: molta gente si è rotta le palle. Delle solite interminabili menate. Riassumo. Fini imbronciato con Berlusconi. Gli rimprovera la politica del “ghe pensi mi”. Reclama spazio decisionale e siccome non lo ottiene - così dice lui - piglia le distanze dal premier e dalla linea di governo. Rilascia dichiarazioni distruttive. La sinistra lo applaude e lo incoraggia a spararne di più grosse. I battimani si fanno fragorosi e il cofondatore non dissimula il proprio godimento. Finché la lite esplode in una memorabile scenataccia ripresa dalle telecamere e offerta al pubblico della tivù. La rottura fra i due galli è inevitabile. Fini fonda il Fli che dovrebbe essere una bomba e invece è un peto, come si evince dai miserabili risultati emersi lunedì dalle urne. L'inizio delle disgrazie pidielline è coinciso con la descritta scissione. Il seguito è un concatenarsi di sciagure: la Protezione civile che si ristora con i massaggi alla puttanesca e copre d'oro certi affaristi (ora in galera); quelli che sbagliano a presentare le liste e a raccogliere le firme da depositare; quelli che comprano le case e non sanno chi le abbia pagate; quelli che vanno a sostenere la maggioranza in difficoltà ed esigono, in cambio, poltrone; quelli che brontolano perché non hanno accesso alla mangiatoia; i contrasti diuturni con il Quirinale; i lodi stracciati dalla Consulta; gli assalti della magistratura respinti a maleparole. Ogni giorno ha la sua pena, certo. Ma che barba. Elezioni anticipate sì o no? Governo tecnico sì o no? E giù trasmissioni televisive al cianuro. A un bordello del genere si resiste resiste resiste un anno, due, tre, non in eterno. La misura si è colmata e la nausea è tracimata. Berlusconi ha retto fin troppo all'assedio. È sul ring da diciotto anni e ha vinto tanti match. Alcuni li ha persi ai punti. Se non è andato mai Ko è stato un miracolo. Anche perché l'uomo è robusto ma ha le sue debolezze. Mi riferisco naturalmente alle donne ma non solo: c'è anche la mania di esibirle, assai diffusa, perché se è bello farlo è ancora più bello raccontarlo e sghignazzarci sopra con gli amici. Peccato che non tutti siano amici. Quelli finti, dopo aver ascoltato con divertimento la narrazione delle prodezze da materasso, vanno in giro a spifferare. È noto che Dio ti vede. Ma se lui si limita a vedere senza fare pettegolezzi, altri, legittimamente o no, intercettano le tue conversazioni e ti mettono sotto inchiesta. E presto o tardi ti incastrano. Il Cavaliere ha esagerato. Lo hanno beccato con Noemi e l'ha passata liscia, ma la notizia è stata divulgata col massimo risalto e ha dato la stura all'ira di Veronica che ha vergato un romanzo epistolare cui è stata data una risonanza degna di un best seller. Delle vicende erotiche di Silvio si sono riempiti i mezzi di comunicazione del mondo intero. Ciò, tuttavia, non ha placato gli ardori amatori del premier che è caduto una seconda volta: con la D'Addario. Ancora paginate ricche di particolari. In un crescendo di scopate vere o presunte, si giunge al fragoroso epilogo del bunga bunga, Olgettina, Minetti e Ruby. I tifosi di Berlusconi, compresi quelli di manica larga in materia ludica, hanno arricciato il naso non tanto per la licenziosità dei suoi comportamenti quanto per l'imprudenza che ne ha reso possibile la scoperta. Se fate la somma delle leggerezze commesse da Silvio, comprenderete perché la sua persona, a furia di essere sovraesposta, ha stancato una quota rilevante di elettori. C'è altro. I processi, gli attriti con le Procure, il susseguirsi di polemiche con al centro sempre lui, se per anni avevano procurato voti al centrodestra essendo maturata la convinzione che il premier fosse vittima di un intrigo politico-giudiziario, negli ultimi tempi hanno dato l'impressione di costituire un impedimento al regolare svolgimento dell'attività di governo, e di assorbire tutte le energie fisiche e mentali del presidente. Giusto o sbagliato? Sia quel che sia, vari cittadini, probabilmente quelli che non si sono recati al seggio, hanno inteso protestare. Erano e sono irritati con il Pdl (e con la Lega) perché si discute solamente di Berlusconi e dei casi suoi, mentre il Paese resta immobile e non risolve i problemi che lo affliggono. L'opposizione, in particolare l'ala radicale, ha sfruttato questo tipo di risentimento e se n'è giovata nell'ultima tornata elettorale. Dare un'occhiata ai dati analitici per credere. Milano merita un supplemento di indagine. Dispiace dirlo, ma Letizia Moratti non era il candidato idoneo nella presente congiuntura critica. È una sciura perbene, ma lontana mille miglia - per censo e mentalità ed estrazione sociale - dalle esigenze del popolo, del quale non avverte gli umori. Il suo quinquennale - se si esclude l'Expo che però non è palpabile, quindi non appassiona le masse - è stato modesto. Inoltre, lei ha inciampato nella nota gaffe. Insomma, non ha guadagnato consensi. Il desiderio di voltare pagina è stato irresistibile. In teoria non è troppo tardi per rimediare. Ma occorre temperamento, mentre oggi si respira aria di depressione. Auguriamoci che Silvio e Umberto reagiscano. Con la volontà si può tutto.

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