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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
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Come si fa a far crescere le aziende e di conseguenza i posti di lavoro? La risposta è apparentemente semplice: basta liberalizzarle, ovvero lasciare che crescano senza metter loro i bastoni fra le ruote. Invece da noi si pretende di legarle al rispetto di una serie di norme che paiono fatte apposta per impedire che le imprese si sviluppino. Intendiamoci: non parliamo di libertà di sfruttamento, né di consentire alle società di fare il bello e il cattivo tempo, compresa la possibilità di inquinare o di mettere a repentaglio la vita dei propri dipendenti come accaduto nel caso Eternit. Semplicemente ci riferiamo alle lentezze degli apparati statali e alle procedure che paiono essere state inventate proprio per impedire decisioni rapide come il mercato invece esige. Giorni fa abbiamo raccontato tre casi di aziende costrette a rinunciare a investimenti programmati e addirittura a emigrare a causa delle troppe scartoffie che hanno impedito loro di svilupparsi. Centinaia di milioni di euro volatilizzati e più di un migliaio di posti di lavoro sfumati per colpa dei ritardi della pubblica amministrazione. Ma quante sono le imprese che ogni anno sono costrette a ritardare i loro piani di crescita o a gettare definitivamente la spugna per via di un handicap chiamato burocrazia? La risposta non c'è. All'epoca del governo Berlusconi, il ministro Brunetta provò a gettar lì delle cifre, quantificando la perdita di fatturato in termini di Pil. Un punto, forse due. Tuttavia, un calcolo preciso di quante società hanno dato forfait e quanti dipendenti non sono stati assunti in seguito agli impedimenti frapposti dalle mezze maniche o dalla cattiva politica nessuno lo ha mai fatto. Facendo il giornalista  ed essendomi occupato da tempo di questioni economiche, posso testimoniare però che i casi sono frequenti. Nella mia ormai non brevissima carriera, ho raccolto spesso gli sfoghi degli imprenditori costretti a rinviare di anno in anno i loro progetti. Me ne ricordo uno, titolare di un grande magazzino  di distribuzione all'ingrosso in provincia di Bergamo. Si chiamava Lombardini e aveva cominciato rifornendo i negozi in bicicletta e in una vita aveva accumulato una fortuna. Fosse stato per lui di magazzini ne avrebbe aperti altri due o tre. Ma i Comuni non gli davano l'autorizzazione e quando la concedevano erano guai, perché tra la delibera e l'inizio dei lavori c'era sempre di mezzo un cavillo. Colpa del Comune anche nel caso di una fabbrica costretta a licenziare e andarsene. Pur avendo comprato il terreno di fianco a quello su cui già sorgeva il capannone, l'amministrazione non gli concedeva d'espandersi. Più recentemente mi è capitato di sentire la storia di un gruppo svizzero specializzato nel settore energetico: voleva aprire una centrale in Calabria, in una delle zone più depresse del Paese. Ma nonostante l'alto tasso di disoccupazione, la Regione non voleva concedere l'autorizzazione: temeva l'impatto ambientale. A nulla sono serviti i documenti e le rassicurazioni degli elvetici, l'impianto non si è fatto. Stessa storia con una centrale a biomassa dalle parti dell'Alessandrino. I camion diretti all'inceneritore avrebbero disturbato la selvaggina.  Le vicende più o meno si somigliano tutte e dunque non ci dilunghiamo. Ma non sono i dettagli dei rifiuti ad aprire l'attività, piuttosto la quantità di casi. Anche uno che non sia del settore capirebbe che se non si consente alle aziende e alle attività commerciali di fare il proprio mestiere è difficile far decollare l'economia e creare nuovi posti di lavoro. Eppure, nonostante l'evidenza della situazione, nessuna iniziativa per facilitare lo sviluppo delle imprese è stata varata. Non è con le farmacie e i taxi che il Paese può crescere. Né basta autorizzare la costituzione di società per i giovani a un euro: poi i quattrini per svilupparla chi li mette? Le banche, abituate a prestare soldi a chi già ce li ha, di certo no. Dunque? Bisogna procedere a una semplificazione delle leggi che  bloccano le aziende. È per questo che da oggi invitiamo imprenditori, artigiani e commercianti a segnalarci tutti gli ostacoli che impediscono alle loro attività di fare il proprio mestiere. Ogni giorno ne daremo conto, illustrando i problemi che hanno bloccato lo sviluppo. Obiettivo: convincere il governo a fare l'atto più importante per far decollare l'Italia. Ovvero, la liberalizzazione delle imprese. di Maurizio Belpietro [email protected]

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