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Bergoglio, il solito teatrino: non ha nulla da cui dimettersi, il Papa è Benedetto XVI

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Ci risiamo: Bergoglio parla di sue dimissioni che questa volta – udite udite - sarebbero addirittura già state presentate dal 2013.

Lo ha dichiarato due giorni fa durante l’intervista al quotidiano spagnolo ABC: “Le firmai e gli dissi: «In caso di impedimento per motivi medici o che so, ecco le mie dimissioni. Ce le avete già». Non so a chi le abbia date il cardinal Bertone, ma gliele ho date io quando era segretario di Stato".

Contestualmente, lo scrivente vorrebbe annunciare che ha già pronte le proprie dimissioni da direttore del New York Times.

Una battuta per significare l’ovvio, cioè che per presentare delle dimissioni da un ufficio bisogna prima AVERLO.

Il punto che sfugge a tutti è che Bergoglio non può dimettersi PERCHÉ NON HA NULLA DA CUI DIMETTERSI, in quanto non è mai stato papa. Dal 1° marzo del 2013 la Sede apostolica è, infatti, TOTALMENTE IMPEDITA, come da can. 335: “Mentre la Sede romana è vacante o TOTALMENTE IMPEDITA, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale…”. E’ impedita perché il vero papa Benedetto XVI, l’emerito, colui che merita di essere papa, non ha mai rinunciato al munus petrino, l’investitura divina di successore di San Pietro, quindi non ha mai abdicato e, alle sue spalle, è stato convocato un conclave illegittimo, con un papa precedente non morto e non abdicatario, ma impedito. Scusate se siamo un po’ ripetitivi ma in alcuni ambiti c’è molta difficoltà ad assimilare questo banale concetto, illustrato tecnicamente, ma in modo facile QUI

E’ il famoso “pontificato d’eccezione” di cui parlava Mons. Gaenswein, citando Carl Schmitt: una situazione dove l’ordine giuridico è sospeso. Una perfetta strategia di difesa della Chiesa da un'usurpazione interna coerente sul piano canonico, storico, teologico, escatologico e profetico: all'ufficializzazione della sede impedita, l'antipapato di Bergoglio dovrà essere cancellato dalla storia. 

Poggia sul nulla, quindi, tutto il fermento giornalistico sulle “dimissioni” di Francesco, che adesso non sarebbero più prossime, o possibili, (il refrain aveva davvero stancato) ma addirittura retrodatate.

Perché non ne aveva mai parlato prima, si chiede giustamente il teologo Carlo Pace QUI

Un balletto che dura da almeno due anni: si dimette, no, non si dimette, quasi, forse sì, forse no, anzi, no. Adesso, come un coniglio dal cilindro spuntano dimissioni già pronto-uso consegnate al card. Bertone. Scommettiamo che queste dimissioni farlocche non sono state scritte in latino da Bergoglio? Ovvio: dovrebbe rinunciare al munus petrino, che rimane saldamente nelle mani di Benedetto XVI fin dal 2013. Avrà scritto che rinuncia al suo “ministero”, o “ministerio”, se in spagnolo, giocando sul fatto che solo in latino e in tedesco ci sono due termini specifici per indicare il Munus e il Ministerium. Ma cambia poco.

L'antipapa ha anche ricordato che non sarà “papa emerito” perché secondo lui “lo Spirito Santo non vuole che si occupi di queste cose”. Ha ragione, in questo caso. Non potrebbe mai essere emerito, colui che merita di essere papa, in quanto non è mai stato papa.

Ma attenzione, queste dimissioni si stanno sempre più colorando del cosiddetto “impedimento”. Il tentativo, maldestramente evidente, è quello di convogliare, nella percezione collettiva, il concetto di impedimento, non su quello fondamentale e reale di Benedetto XVI, ma su quello posticcio di una possibile inabilità fisica di Bergoglio. Sono furbi nella chiesa antipapale, ma non abbastanza da fare fesso chi mantenga un barlume di spirito critico.

Fanno anche abbastanza tenerezza quei canonisti che stanno lavorando alacremente sul diritto canonico in materia di sede impedita cercando di cambiarlo. Risparmiate le energie, Professori, è papa Benedetto a essere impedito dal 2013, quindi senza il suo placet, non si possono neanche ordinare i pennarelli per le cancellerie, altro che cambiare il Diritto canonico.  

Non a caso questo teatrino si è intensificato proprio dall’agosto 2021, quando abbiamo scoperto che la Declaratio di Benedetto non era una rinuncia al papato invalida, ma un perfetto annuncio di impedimento. Da lì in poi, per attirare l’attenzione su di sé, Bergoglio ha cominciato a parlare continuamente di dimissioni, nient’altro che un diversivo, uno specchietto per le allodole predisposto dal “signore del Pathos” argentino per stornare l’attenzione dall’incalzante Magna Quaestio sulla sua legittimità di cui, oggi, finalmente, si discute in tutto il mondo.

“Codice Ratzinger” in Italia ha già venduto 13.500 copie. Le versioni in inglese “The Ratzinger Code” e spagnolo “Còdigo Ratzinger” si stanno diffondendo ovunque, a centinaia, e a giorni uscirà in francese  tedesco. Sono centinaia i preti, i vescovi e i cardinali che l’hanno ricevuto in dono dai fedeli. La prossima presentazione, la 13esima da settembre, organizzata autonomamente dai cittadini, è prevista a Grosseto il giorno 23 dicembre.  Attraverso le interviste di diversi valorosi canali web di controinformazione, oltre a quanto pubblicato qui su Libero, è stato fino ad oggi raggiunto – e informato - qualche milione di persone.

La chiesa bergogliana fa finta di niente e perde terreno, mentre, paradossalmente, a proteggere la sua ritirata sono le truppe collaborazioniste, i cosiddetti una cum, ovvero quei cattotradizionalisti che, essendo legati a doppio nodo da interessi materiali alla Chiesa antipapale, si coprono di un disonore millenario battendosi per la legittimità di “papa Francesco” che pure, odiano e attaccano su tutto, ma mai sulla questione centrale. 

Se ne inventano di tutti i colori, con versioni sempre diverse. Hanno detto che Benedetto si è sbagliato a scrivere “rinuncio al ministerium”, ma che in realtà voleva scrivere “munus”; che munus e ministerium sono la stessa cosa; che era solo un vezzo letterario interscambiarli; perfino che non è necessario rinunciare al munus; altri di fronte alle più plateali evidenze, tipo quando Benedetto fa il riferimento QUI al libro di Geremia dove c’è scritto a caratteri di scatola "IO SONO IMPEDITO”, rimangono paralizzati in una catatonica incertezza. Più di recente, Corrispondenza romana è riuscita ad affermare QUI che, invece, per l’abdicazione è necessaria la rinuncia al ministerium (!).

La prossima sarà che per abdicare non è nemmeno necessaria una dichiarazione. Uno spettacolo miserevole, Almeno quanto il teatrino delle dimissioni di chi non è mai stato papa.

 

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