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Barbie snobbata agli Oscar, Ken e Clinton in campo

Brunella Bolloli
Brunella Bolloli

Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.

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Fermi tutti, il caso di oggi è Barbie. Sì, d'accordo, alla Camera c'è stato il duello Meloni-Schlein con Giuseppe Conte nella mischia, ma oltre oceano se ne fregano delle beghe tra i nostri politici perché sono molto più impegnati a discutere delle nomination agli Oscar, nel magico mondo di Hollywood, e lì si scannano che è un piacere. Quest'anno, poi, doveva essere quello delle donne, almeno da noi è andata così con il successo al botteghino del film di Paola Cortellesi, C'è ancora domani, vera rivelazione osannata da uomini e donne, sindaci e accademici, ma per ora non menzionata nella cinquina per la statuetta d'oro (film straniero è "Io Capitano" di Matteo Garrone), e invece Barbie è stata discriminata.  La notizia del giorno è, infatti, che il biondissimo Ryan Gosling, protagonista maschile della pellicola sulla celeberrima bambola-modella con i capelli lunghi che ogni bambina ha avuto, si è arrabbiato. E la sua indignazione riaccende il tema del patriarcato e del maschilismo dilagante anche al cinema. Ryan-Ken, pur essendo <orgoglioso> della sua nomination a migliore attore non protagonista, ha dichiarato tutto il suo disappunto perché invece né Margot Robbie, che interpreta Barbie, né Greta Gerwig, regista del film campione d'incassi, sono entrate nella cinquina nei rispettivi campi. Ma come è possibile?  All'Academy devono essere proprio dei pericolosi maschilisti. <Dire che sono deluso è dire nulla>, ha spiegato l'attore di La la land, <non c'è Ken senza Barbie e non c'è film su Barbie senza Greta Gerwig e Margot Robbie, le due persone più responsabili per questo film che ha fatto la storia>. La presa di posizione gli fa onore perché da maschio riconosce che senza le due signore il suo personaggio sarebbe un anonimo belloccio biondo con qualche muscolo nei punti giusti, ma nulla più. Per la prima volta, forse, un divo del cinema scende dal piedistallo per ammettere che il riconoscimento per un film che ha sbancato andava anche alla regista dei record (1,3 miliardi di dollari incassati, il massimo per la Warner) nonché alla protagonista femminile, brave quanto lui per il pubblico, ma evidentemente non per chi decide le nominations. Il caso è così dibattuto negli Stati Uniti che perfino politici e vip si sono schierati e hanno voluto dire la loro sull'esclusione delle donne di Barbie:  per l'ex first lady Hillary Clinton <fa male vedere che Margot Robbie e Greta Gerwig sono fuori dalla cinquina>, ha sentenziato la moglie (tradita con la stagista) di Bill, sconfitta alle elezioni americane contro Donald Trump, che ha comunque voluto mandare un messaggio alle due escluse: <I vostri milioni di fan vi amano!>. E pure l'ex numero uno del tennis mondiale, Chris Evert, ha twittato dispiaciuta su Barbie. La verità è che regista e protagonista del film sono comunque candidate in una categoria: Robbie, infatti, compare in qualità di produttrice fra le nomination per il miglior film, mentre la Gerwig è fra le candidate per vincere quello per la miglior sceneggiatura. E poi, sebbene la "pastetta" sia ovunque, dunque anche tra i giurati dell'Academy, speriamo che prevalga il criterio meritocratico: cioè che la statuetta vada a chi veramente ha recitato o diretto meglio, circostanza che spesso non coincide con gli incassi al box office. Certo, alla fine sembra quasi una beffa: la pellicola "in rosa" che trasforma una bambola in un genio come piace a ogni ragazza, il film anti-patriarcato per eccellenza, incensato dalla platea woke per il suo essere contro i pregiudizi e gli stereotipi di genere, lascia fuori dalla notte degli Oscar le donne e riconosce il valore solo del protagonista maschile. Si prevedono rivolte delle femministe...      

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