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Chiara Ferragni e la beneficienza: malafede o leggerezza?

Iris Devigili Cattoni
Iris Devigili Cattoni

Ha una laurea in scienze storiche cui sono seguiti due master in Marketing, comunicazione e social media e in Marketing strategico. Da oltre dieci anni è consulente di marketing e comunicazione digitale ed è stata docente per i master post laurea alla Business School de Il Sole 24 Ore. Autrice del libro “Buyer Personas. Comprendi le scelte d'acquisto dei clienti con interviste e Modello Eureka!”, ha scritto diversi contributi per pubblicazioni di colleghi e amici. Si dedica alla scrittura e conduzione di trasmissioni televisive, modera dibattiti, presenta libri e coltiva la sua passione per l'uso della voce. Patita di sport, si divide tra running e padel.

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Non si placa la querelle che vede protagonista Chiara Ferragni con le sue iniziative di beneficienza. La prima polemica è scoppiata lo scorso dicembre, sotto accusa la vendita di pandori Balocco griffati Chiara Ferragni nel periodo di Natale 2022 e destinati a sostenere la ricerca contro i tumori infantili, finanziando un progetto promosso dall’ospedale Regina Margherita di Torino. Era stato dichiarato che una parte delle vendite sarebbe stata devoluta alla struttura ospedaliera, in realtà la cifra versata non sarebbe stata legata a tali vendite e per questo l’antitrust è intervenuta a tutela dei consumatori.
A seguito di tale evento, l’attenzione si è spostata su due analoghe campagne legate alla vendita di uova di Pasqua brandizzate Chiara Ferragni e ad una bambola che riporta le fattezze dell’influencer,  oggetto di un “errore di comunicazione”, come è stato definito dalla Ferragni in un suo video postato su Instagram.

Le polemiche scaturite hanno sollevato una serie di questioni, tra cui la trasparenza delle iniziative di beneficenza promosse dai personaggi pubblici, il rapporto tra beneficienza e ricavo da parte di questi ultimi, il ruolo degli influencer e la loro responsabilità sociale. Tutta questa bagarre ha ovviamente avuto un impatto negativo sull'immagine pubblica della Ferragni, che è stata accusata di opportunismo e di sfruttare la beneficenza per fini commerciali, la quale ha cercato di difendersi dalle accuse, sostenendo che le sue iniziative di beneficenza erano sincere e che si è sempre impegnata a sostenere le cause che le stanno a cuore. 

Com’è normale che sia, una situazione di questo genere ha scatenato le discussioni in tv, sui social, tra la gente comune che la accusa o la difende per le motivazioni più disparate.
Ebbene, io non sono né una fan, né una hater di Chiara Ferragni; l’ho sempre osservata come un caso di studio del mondo digitale, la seguo dai suoi albori ed ho quindi vissuto le sue evoluzioni professionali e personali.

Da giovane blogger, pioniera del settore, ha sviluppato le sue attività fino a diventare un’imprenditrice di successo con fatturati importanti derivanti dalle società di cui proprietaria.
Nel momento in cui è scoppiato il “pandoro gate”, ascoltando le accuse di truffa che le sono state rivolte ed avendo seguito negli anni le diverse attività di beneficienza di cui è stata promotrice, mi sono fatta un’idea alternativa a quanto sto ascoltando e leggendo in questi giorni. Io penso che la Ferragni abbia davvero avuto l’intenzione di fare della beneficienza e non certo di truffare i consumatori. È una donna sveglia, conosce il web, sa che un qualsiasi passo falso può costarle caro e che l’attenzione mediatica cui è quotidianamente sottoposta la espone a molti più rischi di chi non ha la sua visibilità.
Intraprendere delle attività poco pulite equivale ad offrire il fianco a situazioni di crisi e a shitstorms molto difficili da gestire che le possono costare caro, esattamente ciò che sta succedendo ora. Una persona come lei ritengo sia impossibile che non ne abbia consapevolezza e che prenda tali questioni sottogamba.

Questa la premessa. Aggiungo poi un’ulteriore riflessone: una donna che ogni giorno dedica ore ai social, a mostrare la propria vita, a creare contenuti, a sviluppare progetti digitali, a mio avviso è concentrata sul fare, non sul gestire il back end delle attività. Come in ogni azienda anche lei avrà una struttura che organizza tutto ciò che sta a monte del suo specifico intervento, che immagino sia principalmente legato all’immagine e alla promozione.

Ebbene, da questa considerazione mi giunge spontanea la domanda: Chiara Ferragni quanto, nel dettaglio, sapeva delle campagne attualmente sotto l’occhio di bue? Ne conosceva bene le dinamiche? Sapeva che la cifra devoluta non era legata alle vendite, ma era stata definita in maniera diversa? Era informata specificamente di come funzionava la campagna oppure le sono state fornite solo le informazioni utili alla promozione della stessa?
Potrò forse essere ingenua e poco maliziosa a dispetto di altri che ritengono che la Ferragni abbia agito in malafede per ottenere maggiori ricavi a dispetto della beneficienza, ma sapendo quanto è difficile stare sul pezzo quando si hanno tanti progetti in essere, molti impegni, la famiglia cui pensare, mi chiedo quanto lei riesca a dominare tutte le sue attività in prima persona e quanto invece venga gestito dal management e dai collaboratori delle sue aziende.
È evidente che la responsabilità è sua in quanto al vertice delle società oggetto delle presunte attività illecite, ma sono propensa a pensare che non ci fosse intento di inganno nei confronti dei consumatori e tanto meno dei suoi followers che, di fatto, sono la sua fonte di ricchezza.
 

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