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I genitori non sono d'accordo sull'attività sportiva dei figli. Come fare? 

Marzia Coppola
Marzia Coppola

Avvocato matrimonialista, educata alla resilienza e alla libertà. Laureata in Italia e in Francia, ho continuato gli studi per diventare anche avvocato della Sacra Rota. Lavoro con l'Avv. Annamaria Bernardini de Pace e mi occupo di diritto di famiglia a 360 gradi (e più!). Convinta che anche dalla relazione peggiore si possa imparare qualcosa.

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Non vi è alcun dubbio in merito al fatto che praticare sport sia importante per i bambini e per i ragazzi. Sia dal punto di vista fisico, sia da quello sociale e aggregativo. In generale, nella crescita e nell’educazione dei figli fare sport diventa per loro più facile se a praticarlo sono anche i genitori. È bello ed è costruttivo far conoscere, fin dall’infanzia, il piacere dell’attività fisica insieme a quello di padroneggiare il proprio corpo. 

Tutti i genitori dovrebbero tenere a mente che la scelta dello sport deve fondarsi sulle inclinazioni e sulle aspirazioni dei figli. Così, infatti, prevede la legge (il codice civile sancisce che i genitori sono tenuti al “rispetto delle capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni” dei bambini) e così, peraltro, consigliano i neuropsichiatri infantili. D’altra parte, stancarsi per una disciplina amata crea il desiderio di impegnarsi sempre di più e alimenta l’agonismo tra coetanei. 

Succede, però, che i genitori non siano coesi nell’individuare le capacità e le inclinazioni dei figli e che un genitore più che cogliere le aspirazioni del minore gli attribuisca voleri e valori degli adulti di famiglia. Soprattutto oggi che i genitori sono alla continua e instancabile ricerca del talento speciale dei propri figli.

Queste situazioni, quindi, creano conflitto tra mamma e papà perché non è raro che un genitore si opponga alla possibilità che il figlio pratichi lo sport individuato dall’altro. È certo che per iscrivere i minori a qualsiasi corso sportivo è necessario il consenso di entrambi ed è per questo che quando la mamma o il papà non sono d’accordo, e uno dei due non si arrende all’idea di far rinunciare il figlio a quella attività sportiva, l’unica soluzione sarà quella di rivolgersi al Giudice. 

Dunque, il genitore che vorrà rimettere la decisione al tribunale si rivolgerà al Giudice e spiegherà a quest’ultimo come mai ritiene che sia nell’interesse del figlio l’iscrizione e la partecipazione a un determinato sport. Il Giudice fisserà un termine entro il quale anche l’altro adulto potrà dire il proprio punto di vista e individuerà, altresì, la data dell’udienza in occasione della quale i genitori potranno sostenere le loro tesi (ed eventualmente anche i figli stessi potranno essere ascoltati). I genitori, in altre parole, con l’abilità dei loro avvocati, avranno la possibilità di spiegare come mai, secondo loro, è meglio che il figlio pratichi uno sport o non ne pratiche un altro e, naturalmente, saranno tanto più convincenti quanto più le proprie ragioni saranno fondate su motivazioni legate alle caratteristiche fisiche, personali e psicologiche del minore in questione. Non è utile, cioè, affermare che il nuoto sia uno sport più completo del pugilato, ma bisognerà argomentare come mai proprio per quel minore, quello specifico sport è da preferire.   

Il Giudice, all’esito, autorizzerà o meno il minore a praticare l’attività sportiva della quale si è parlato oppure potrà anche indicare, per quella singola vicenda, quale genitore ritiene più idoneo a prendere la decisione.  Naturalmente, ipotizzare che due genitori siano tanto in conflitto su una questione così ordinaria relativa ai figli, è indice di una scarsissima capacità di collaborazione genitoriale. La legge, tuttavia, non può entrare nel merito del perché si sia arrivati a tanto disaccordo e, semplicemente, fornisce lo strumento per sciogliere qualche nodo e mettere un punto a qualche discussione. 

Avv. Marzia Coppola 
[email protected] 
Studio legale Bernardini de Pace
 

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