Cerca
Logo
Cerca
+

Banksy nei tunnel di Gaza. Le sue parole sepolte sotto le macerie

Nicoletta Orlandi Posti
Nicoletta Orlandi Posti

Nicoletta Orlandi Posti è nata e cresciuta alla Garbatella, popolare quartiere di Roma, ma vive a Milano. Giornalista professionista e storica dell'arte, cura su LiberoTv la rubrica "ART'è". Nel 2011 ha scritto "Il sacco di Roma. Tutta la verità sulla giunta Alemanno" (editori Riuniti); nel 2013 con i tipi dello stesso editore è uscito "Il sangue politico": la prefazione è di Erri De Luca. Il suo romanzo "A come amore", pubblicato a puntate su Facebook, ha dato il via nel 2008 all'era dell'e-feuilleton. A febbraio del 2015 è uscito il suo primo ebook "Expo2051". Nel 2016 Castelvecchi ha pubblicato il suo libro "Le bombe di Roma"; nel 2019 è uscita la seconda edizione. Sta lavorando a un romanzo erotico. Il titolo del blog è un omaggio al saggio del prof Vincenzo Trione.

Vai al blog
  • a
  • a
  • a

‘‘Se ci disinteressiamo del conflitto tra i forti e i deboli, ci mettiamo dalla parte dei forti, non siamo neutrali’‘ c’era scritto su un pezzo di muro bianco sbriciolato e sepolto sotto le case di Gaza City. Un’opera d’arte pubblica, rivendicata da Banksy, diventata polvere respirata da migliaia e migliaia di bambini, donne, anziani, personale medico, operatori umanitari, reporter sterminati in nome di un dio - qualunque esso sia - che legittima il genocidio, lo stupro, la barbarie, la guerra.  Banksy invitata a non essere neutrali, ma ora da quale parte sta lui? Perché la sua voce non si aggiunge a quella dei tantissimi che in queste settimane terribili stanno invocando il cessate il fuoco?

 

 

 

 

 

 

 

Su Instragram, l’unico social con cui comunica, il writer inglese non ha lasciato scritto nulla, pur cambiando l’immagine del profilo con un campo nero, simbolo di lutto. Per la guerra in Palestina?O perché da qui a poco dovrà presentarsi davanti a un giudice di Londra per rispondere - a volto scoperto e con tanto di documenti alla mano - dell’accusa di diffamazione da parte dell’imprenditore del mondo dell’arte Andrew Gallagher?. Ci piace pensare che Banksy sia a lutto per la strage di Gaza visto il suo essere un “artivista” per la causa palestinese sia nella Striscia che in tutta la Cisgiordania. Ha persino aperto nel 2017 un albergo “con la peggiore vista di qualsiasi altro hotel al mondo”, così lo descrive perché dalle nove stanze dal "The Walled Off Hotel" (letteralmente "l'albergo fuori dal muro") di Betlemme non si vede il mare, né un giardino o lo skyline della città: ma la barriera in cemento che divide Israele e Palestina.  

 

“Se ci disinteressiamo del conflitto tra i forti e i deboli, ci mettiamo dalla parte dei forti, non siamo neutrali”, scriveva nel 2015. E ora che ne è delle sue parole? Anche Banksy è diventato “neutrale”? Di certo c’è che quell’opera faceva parte di una serie di quattro graffiti lasciati sui muri di Gaza assediata - nessuno poteva entrare e nessuno poteva uscire, esattamente come ora - per richiamare l’attenzione del mondo sui crimini che si stavano compiendo in quella striscia di terra ignorato dall'occidente democratico. Per entrare a Gaza Bansky ha usato i famosi tunnel della città sotterranea, giù nelle viscere della terra come l'inferno, anche se il vero inferno è quello sopra, dove vive - in condizioni disumane - la comunità palestinese.  È lui stesso a rivendicare l’azione con un video condiviso sul suo profilo Instagram. 

 

Guarda il mini-documentario di Banksy girato nei tunnel di Gaza e in città

 

Il mini-documentario si intitola “Make this the year you discover a new destination”, un invito ironico a “scoprire una nuova destinazione”: Gaza. “Uno scenario unico” dove ci si può sentire al sicuro perché controllati da “vicini amichevoli”. “Gaza è spesso descritta come la più grande prigione del mondo all’aria aperta, perché nessuno è autorizzato a entrare o uscire. Ma definirla così sembra ingiusto nei confronti delle prigioni, visto che qui manca l’elettricità o l’acqua potabile quasi tutti i giorni”, aveva spiegato l’artista mostrando le immagini alla grave situazione in cui si trovava Gaza dopo la guerra con Israele dell’estate 2014: ci sono diverse immagini di bambini che si aggirano tra le macerie e in sovrimpressione vengono mostrati i numeri dei morti e delle case distrutte dai bombardamenti.

 

 

 

 

 

Nel 2015 Banksy è entrato nella Striscia dall’Egitto, poi ha camminato per chilometri nei tunnel per arrivare a Gaza City assediata - come è oggi - dove ha girato il mini-documentario e dove ha lasciato quattro opere. Una si chiama Bomb damage (danno da bombardamento) ed è chiaramente ispirata a Il pensatore di Rodin. Tante le interpretazioni, tutte giuste se fanno riflettere: rappresenta la filosofia così come nell’opera originale che si sta riparando dalla distruzione che la circonda, la ragione destinata a soccombere. Oppure semplicemente un invito a pensare, a considerare le conseguenze prima di bombardare una città sovraffollata di innocenti. In un altro graffito Banksy trasforma un simbolo dell'occupazione da parte di Israele, la torre di vedetta - ce ne sono disposte innumerevoli lungo il “muro dell'Apartheid”, la barriera che separa la Striscia di Gaza da Israele lunga 700km - in un oggetto per il divertimento dei bambini. Sui seggiolini della giostra siedono ragazzine e ragazzini di tutte le religioni felici di giocare insieme. E poi c’è un gattino gigante che gioca con un cumulo di rifiuti fra i detriti della città distrutta. Racconta Banksy: “Un uomo del posto mi ha chiesto: ‘scusa, ma che significa?’ Gli ho spiegato che volevo evidenziare la distruzione di Gaza pubblicando le foto sul mio sito – ma su Internet le persone guardano solo immagini di gatti”.

 

 

 

 

 

 

Nel video si vedono bambini giocare vicino al gattino e il padre, intervistato da Bansky, dice: “Questo gatto fa capire al mondo intero che ci manca gioia nella vita. Lui ha trovato qualcosa con cui giocare. E i nostri invece? E i nostri figli invece?”. Il video si conclude con la frase, scritta su un muro crivellato dai colpi: If we wash our hands of the conflict between the powerful and the powerless we side with the powerful, we don’t remain neutral. Banksy - tu o chi per te -  si faccia sentire. Il modo lo troverai.

Dai blog