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Iran, la versione di Newsha Tavakolian: "Il mio Paese sull'orlo del precipizio"

Nicoletta Orlandi Posti
Nicoletta Orlandi Posti

Nicoletta Orlandi Posti è nata e cresciuta alla Garbatella, popolare quartiere di Roma, ma vive a Milano. Giornalista professionista e storica dell'arte, cura su LiberoTv la rubrica "ART'è". Nel 2011 ha scritto "Il sacco di Roma. Tutta la verità sulla giunta Alemanno" (editori Riuniti); nel 2013 con i tipi dello stesso editore è uscito "Il sangue politico": la prefazione è di Erri De Luca. Il suo romanzo "A come amore", pubblicato a puntate su Facebook, ha dato il via nel 2008 all'era dell'e-feuilleton. A febbraio del 2015 è uscito il suo primo ebook "Expo2051". Nel 2016 Castelvecchi ha pubblicato il suo libro "Le bombe di Roma"; nel 2019 è uscita la seconda edizione. Sta lavorando a un romanzo erotico. Il titolo del blog è un omaggio al saggio del prof Vincenzo Trione.

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"Da quando ho iniziato a fotografare, all’età di 16 anni la società iraniana è stata ciclicamente spinta sull’orlo del precipizio, lacerata, spezzata e comunque costretta ad andare avanti nonostante le avversità. Ci sono stati così tanti eventi che la vita è diventata una continua corsa verso un avanti indefinito, dove anche il concetto di “ieri” è stato presto dimenticato. A 42 anni continuo a vivere e lavorare in Iran, determinata a testimoniare visivamente la mia versione della storia di questo Paese". A raccontarsi è l’artista iraniana Newsha Tavakolian protagonista della grande mostra fotografica che inaugura il 13 dicembre al Mudec di MilanoAnd they laughed at me” che vuole  riflettere sulla strategia di repressione militare iraniana finalizzata ad accecare le persone mediante proiettili di gomma. Questa misura distopica, spesso utilizzata dalla polizia per impedire la diffusione di informazioni, mira a prevenire che il popolo sia consapevole di ciò che accade nella contemporaneità.

 

 

 

La sua posizione di fotografa ha permesso a Newsha Tavakolian di sostituirsi agli occhi dei suoi connazionali: le immagini create riescono ad amplificare la voce, lungamente soffocata, di tutti coloro hanno vissuto e vivono la repressione. Soprattutto le donne. Procedendo nel racconto e partendo da un’epoca precedente ai social media, Newsha Tavakolian ha deciso di combinare immagini d’archivio con scatti inediti e fotogrammi ritraenti altri cittadini per tratteggiare un quadro completo della condizione iraniana. La sua intenzione è di raccogliere queste storie in un manifesto editoriale per fare in modo che i sacrifici fatti fino ad oggi non vengano dimenticati. “A volte", spiega Newsha Tavakolian, "sono riuscita a lavorare per strada come fotografa, mentre, in momenti di grande censura, ho trovato altri modi per contribuire, con il mio linguaggio artistico, a testimoniare tutti quei cambiamenti e quegli eventi che inevitabilmente continuano a plasmarci. Quando poi, negli ultimi anni, mi è stato proibito di partecipare alla vita pubblica, come terapia, ho iniziato a scansionare i miei vecchi negativi. Mi sono accorta che avevo scartato molte immagini, a suo tempo, perché non urgenti o troppo formali. Ora, guardando indietro, capisco quanto esse riescano ancora a trasmettere il fuoco di un cambiamento radicale e profondamente desiderato. In parallelo, sto traducendo eventi recenti e inattesi turbamenti politici in nuove immagini”.

 

 

 

Newsha Tavakolian ha vinto il Photo Grant di Deloitte (promosso da Deloitte Italia con il patrocinio di Fondazione Deloitte e in collaborazione con 24 ORE Cultura) centrando il tema proposto dalla giuria presieduta da Dennis Curti "Connections", sul quale oltre 700 autrici e autori hanno lavorato per proporre una propria narrazione e interpretazione visiva di cosa significhi – secondo la propria sensibilità artistica – “essere connessi” a livello umano, professionale, economico o ambientale.  “Newsha Tavakolian – recita la motivazione della giuria – ha presentato un progetto che ha colpito per la carica umana contenuta nelle immagini e per la maturità narrativa di queste. Forte è il messaggio raccontato da Newsha Tavakolian, che attraverso immagini d’archivio, scatti inediti e fotogrammi ha voluto testimoniare visivamente la sua personale visione dell’Iran, il suo Paese di provenienza. I soggetti ritratti sono il punto di accesso per una nuova modalità comunicativa, il cui fine ultimo è mostrare il volto drammatico dell’oppressione. Oltre che la qualità delle immagini, la giuria ha ritrovato nel progetto fotografico un evidente legame con il tema Connections: Newsha Tavakolian è riuscita a raccogliere nei suoi scatti attimi di comunione universale”.  

 

Newsha Tavakolian, oltre a un premio di €40.000, si è assicurata l’opportunità di organizzare la mostra al Mudec di Milano  “And they laughed at me” che svela la maturità narrativa delle immagini e la profonda carica umana del lavoro dell’artista, un vero e proprio manifesto che utilizza il linguaggio visivo per contrastare il terrorismo repressivo di un organismo politico che mira a sopprimere l’autodeterminazione individuale a vantaggio di fini totalitari.  Fotografie dalla forte potenza espressiva, cariche di interrogativi, che mettono in evidenza il conflitto tra la società imposta e il desiderio di cambiamento individuale. Nel contesto di questa realtà oppressiva, le opere in mostra rappresentano una voce coraggiosa che si oppone a un destino ineluttabile, combinando elementi tipici del reportage e composizioni concettuali che rivelano il dramma dell’oppressione e finiscono per tracciare un cammino rivoluzionario verso la libertà, ispirato dall’unione di tante anime coraggiose.

La mostra, in programma dal 13 dicembre 2023 al 28 gennaio 2024 al Mudec – Museo delle Culture di Milano, accompagnata da un catalogo edito da 24 ORE Cultura, merita assolutamente di essere visitata.

 

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