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Bergoglio perdona Maurizio Cattelan: esporrà in Biennale nel Padiglione Vaticano

Nicoletta Orlandi Posti
Nicoletta Orlandi Posti

Nicoletta Orlandi Posti è nata e cresciuta alla Garbatella, popolare quartiere di Roma, ma vive a Milano. Giornalista professionista e storica dell'arte, cura su LiberoTv la rubrica "ART'è". Nel 2011 ha scritto "Il sacco di Roma. Tutta la verità sulla giunta Alemanno" (editori Riuniti); nel 2013 con i tipi dello stesso editore è uscito "Il sangue politico": la prefazione è di Erri De Luca. Il suo romanzo "A come amore", pubblicato a puntate su Facebook, ha dato il via nel 2008 all'era dell'e-feuilleton. A febbraio del 2015 è uscito il suo primo ebook "Expo2051". Nel 2016 Castelvecchi ha pubblicato il suo libro "Le bombe di Roma"; nel 2019 è uscita la seconda edizione. Sta lavorando a un romanzo erotico. Il titolo del blog è un omaggio al saggio del prof Vincenzo Trione.

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Il carcere femminile della Giudecca a Venezia è un posto diverso da come si immagina una prigione. È diverso perché quasi tutte le detenute lavorano (c'è una lavanderia, una sartoria, un laboratorio di cosmetica e un incredibile orto), perché c’è una sezione speciale per le madri ed è diverso perché è solo per donne. In questa Casa di reclusione, ricavata in un antico monastero del XII trasformato nel 1600 in un ospizio gestito dalle suore per prostitute “redente”, sarà inaugurato il Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia con la mostra "Con i tuoi occhi", centrata sul al tema dei diritti umani e alla figura degli ultimi, perno centrale del Pontificato di Papa Francesco che per la prima volta nella storia della Biennale di Venezia visiterà la mostra il prossimo 28 aprile, una settimana dopo l'inaugurazione ufficiale. 


Il progetto prende alla lettera le parole del Santo Padre quando esorta a uscire e a guardare negli occhi, invitando i visitatori a prestare attenzione a quelle realtà che tante volte vengono considerate periferiche, fanno notare dalla sala stampa Vaticana. E per far questo Chiara Parisi, direttrice del Centre Pompidou-Metz, e Bruno Racine, direttore di Palazzo Grassi – Punta della Dogana, nominati curatori del Padiglione dal Cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, con la collaborazione del critico Hans Ulrich Obrist, hanno scelto nove artisti internazionali che vanno da Maurizio Cattelan alla coreografa Bintou Dembélé, dal collettivo Claire Fontaine al regista Marco Perego e l’attrice Zoe Saldana fino a una pittrice “pura” come Claire Tabouret. Spiega Chiara Parisi su Avvenire che gli artisti provengono tutti da discipline differenti, perché la chiave del progetto è l’incontro". Potevano scegliere di portare un progetto autonomo o di lavorare con le detenute e tutti hanno scelto la seconda possibilità. "Questa cosa", rivela la curatrice, "ha cambiato il progetto in pochissimo tempo. Si sono incontrate una comunità di 80 donne che vivono in carcere e una comunità di artisti. La possibilità di confrontarsi con un contesto tanto difficile quanto stimolante sta dando vita a una esperienza di grande forza e intensità. E ha spinto ognuno a superarsi". 

Maurizio Cattelan, ad esempio, che nonostante la sua contestatissima opera "La nona ora", con Papa Wojtyla schiacciato da un meteorite, sembra non dispiacere al nuovo corso impresso in Vaticano dal papato di Francesco. "Cattelan è un artista lento, diffidente e malinconico ma ha detto subito di sì alla proposta" racconta la curatrice del Padiglione della Santa Sede, "realizzerà un'opera sul muro esterno della cappella nel segno della grande storia dell’arte italiana. Perego e Zoe Saldana hanno realizzato in pochissimo tempo un film davvero intenso, coinvolgendo nel cast le detenute e un team tecnico di livello hollywoodiano. L’artista brasiliana Sonia Gomes interviene nella cappella con un lavoro più esplicitamente spirituale. Claire Tabouret invece sta lavorando sulle immagini delle detenute quando erano ancora bambine oppure delle loro nipoti, dipingendo una lunga serie di ritratti attraverso le fotografie e i racconti…".  Chiara Parisi racconta dunque di un padiglione basato su frammenti di immagini, poesie, parole, memorie e "sarà interessante", puntualizza su Avvenire, "vedere come questa esperienza cambierà il lavoro a venire di questi artisti: tutti si sono confrontati con dimensioni che non avevano mai esplorato".

La mostra è dunque un intreccio di relazioni che si sono evolute nel tempo, in un ambiente dove l’essere osservato o giudicato non devono entrare e che riflette ciò che desideriamo per noi stessi, ovunque ci troviamo. Il percorso attraverso il Padiglione, ha anticipato Chiara Parisi, senza telefoni e senza documenti, permetterà alle detenute di guidarvi ‘con i loro occhi’, rivelando come bellezza e speranza siano tessute nella vita quotidiana e come la necessità della libertà persista nella complessità e nella criticità della vita.

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