(ANSA) LONDRA - A dispetto di pronostici, occasioni da rete, possesso palla, predominio territoriale, e anche logica calcistica, tutti evidentemente sbilanciati a favore del Barcellona, è il Chelsea operaio, umile ma non sprovveduto, ad aggiudicarsi l'andata della seconda semifinale di Champions League. Troppo presto per ritenere i blues favoriti per l'accesso alla finale, perché la supremazia dei catalani è stata lampante e continua per tutti i 90', testimoniata ben oltre i due legni colpiti. Ma se alla vigilia Roberto Di Matteo aveva chiesto ai suoi due partite perfette per battere la squadra più forte del mondo, dopo il primo atto è stato accontentato. Grazie ad una delle rare, se non proprio l'unica, fiammata dei suoi, finalizzata da Didier Drogba. Una vittoria di misura meritata anche solo per l'enorme cuore, il carattere, la dedizione della sua squadra. Così il primo tempo è un supplizio che si tramuta in improvvisa estasi per i tifosi di casa. Costretti ad assistere inermi all'impressionante carosello di passaggi del Barcellona. Percentuali bulgare nel possesso palla catalano, che sfiora il 70% dopo i primi 45' (e al triplice fischio finale sarà anche superiore). Inerzia a senso unico, si gioca solo nella metà campo del Chelsea che difende in 10 lasciando al solo Drogba l'onere, simbolico più che velleitario, di attaccare. Un po' sfortunati un po' colpevolmente compassati, forse troppo vanesi, i blaugrana però difettano di concretezza. Come al 9'pt, quando Alex Sanchez, innescato da Andreas Inesta solo davanti a Petr Cech, spedisce sulla traversa. O come al 19'pt, Cech non blocca la conclusione di Andreas Iniesta e Cesc Fabregas non trova la respinta. Ancora Barcellona poco prima della mezz'ora, con il primo spunto di Lionel Messi: debole il suo colpo di testa su cross dalla destra di Sanchez. E quando l'argentino si esalta in uno slalom centrale con scarico per Fabregas, il vantaggio ospite sembra inevitabile. Ma non solo Ashley Cole salva sulla linea la conclusione dell'ex Arsenal. Perché nel ribaltamento di fronte il Chelsea - a sorpresa come la neve ad agosto - passa a condurre: contropiede geometrico, Ramires rasoterra per Drogba che insacca la sua rete 38 in Europa, numero 100 per il Chelsea in Champions League. Con tutt'altra furia agonistica però rientra in campo il Barca, evidentemente Pep Guardiola si è fatto sentire negli spogliatoi. Non solo prosegue nella prepotente occupazione della metà campo blues, ma va alla conclusione a ciclo continuo. Dopo una manciata di minuti con Adriano, respinge in tuffo Cech. Di Matteo parcheggia un autobus davanti alla sua porta, dove invariabilmente vanno a sbattere le conclusioni di Messi e compagni. Un muro di gomma, catenaccio anni '60, forse inguardabile per i puristi del calcio offensivo, ma tremendamente efficace. Perché se il Barcellona è raffinato stilnovo, il Chelsea è romanticismo puro che nella fradicia bolgia dello Stamford Bridge si traduce in passione e coraggio. Così da meritar