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Capito Rula Jebreal? Toh, la sorpresina: dimenticata dalla tv, cosa si è ridotta a fare per campare / Guarda

Giulio Bucchi
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Chissà il disappunto di Fabio Fazio, se l'Ordine dei Giornalisti non dovesse dare peso al fatto che da qualche giorno, sui giornali, fa mostra di sé una pubblicità di Carpisa (nota azienda italiana produttrice di borse da donna) che ha come testimonial la giornalista italo-palestinese Rula Jebreal. Un disappunto doppio: i due, Fabio e Rula, politicamente parlando appartengono alla stessa parrocchia, quella del progressismo chic, e dunque un'eventuale disparità di trattamento risulterebbe particolarmente sgradevole. Sia chiaro, personalmente ci ha sempre lasciato perplessi la regola prevista dal codice deontologico per cui un giornalista dovrebbe rimanere estraneo a qualsiasi iniziativa di carattere pubblicitario, anche ove il prodotto pubblicizzato non abbia nulla a che spartire con l'abituale campo d' azione del professionista. Ma sta di fatto che, a tale riguardo, l'ordine ha sempre tenuto ben d'occhio i propri iscritti, affibbiandogli magari una reprimenda o comminando talora vere e proprie sanzioni. L'ultimo caso eccellente, appunto, è stato quello di Fabio Fazio, il quale, accingendosi all'inizio del 2016 a prestare il proprio volto per una campagna di Telecom Italia, ha comunicato al Consiglio Regionale della Liguria la propria intenzione di uscire dall'albo dei giornalisti pubblicisti se il Consiglio medesimo avesse ravvisato un'incompatibilità tra il suo ruolo di testimonial e la permanenza nell'Ordine. Alla fine Fazio ha scelto di cancellarsi dall'Albo e tutti, più o meno, sono rimasti contenti (soprattutto Fazio, che a fronte dei tanti quattrini giratigli da Tim adesso non deve nemmeno più pagare la quota annua all'OdG). Ci sono però precedenti più traumatici, per esempio quello di Giampiero Mughini, sospeso nel 2007 dall'Ordine del Lazio per aver preso parte, pure lui, a uno spot legato alla telefonia mobile e in seguito persino radiato poiché, nel periodo di sospensione, aveva seguitato a scrivere. Anche il direttore e fondatore di questo giornale, Vittorio Feltri, è incappato più volte nelle maglie dell'Ordine per avere svolto le funzioni di testimonial: nel 2006, curiosamente, assieme al collega Gad Lerner, a sua volta schierato apertamente a sinistra come Fazio e la Jebreal. E torniamo così a Rula e allo spot di Carpisa. Ieri, addirittura in doppia pagina, lo si poteva ammirare sul Corriere della Sera: si vede la Jebreal che, mentre si sfiora vezzosamente, il collo, controlla con aria concentrata il proprio smartphone e intanto tiene appesa al braccio sinistro una borsa di colore rosso. In basso, sulla destra, per non lasciare dubbi circa la sua identità, si legge: Rula Jebreal, giornalista. I motivi per cui Carpisa ha pensato alla Jebreal sono immaginabili e senz'altro fondati, essendo Rula una professionista affermata, un volto noto, un personaggio televisivo carismatico e una donna di bella presenza. Ciò non toglie che, quanto e più di Fazio, ella (come sottolineato dalla stessa Carpisa) sia innanzi tutto una giornalista. Una volta Wikipedia riportava che fosse iscritta all'OdG del Lazio, adesso non più, ad ogni modo sarebbe molto strano se, a differenza di quanto successo in passato, l'Ordine restasse a guardare. Qualora succedesse, potrebbe nascere il sospetto che una serie di caratteristiche proprie di Rula (è donna, è di sinistra, è di natali stranieri, è - come da lei stessa rivendicato tempo fa in tv al cospetto di Giorgia Meloni - di colore) risultino per l'Ordine fastidiosamente condizionanti. Vedremo. Intanto, per non farsi mancare nulla, il Corriere della Sera ieri la Jebreal l'ha pure intervistata, a pagina 3, a margine della presunta (ma per Rula indiscutibile) reticenza di Trump nel condannare l'atto terroristico del suprematista bianco a Charlottesville. Siamo così venuti a sapere che, da ottobre, Rula elargirà il suo sapere, in veste di docente, agli studenti dell'Università di Miami. Non è però specificato cosa insegnerà. Speriamo non la deontologia del giornalista. di Giuseppe Pollicelli

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