Cerca
Logo
Cerca
+

Unione Europea, l'unica certezza dopo gli accordi? La tassa sulla plastica

  • a
  • a
  • a

Quanto si può esultare per un'intesa che prevede nuovi balzelli a carico delle imprese e dei consumatori, inclusa una "plastic tax" europea doppia rispetto a quella fermata in corsa dal parlamento italiano perché avrebbe distrutto centinaia di aziende e migliaia di posti di lavoro? Ha senso bloccare un'imposta per non uccidere un settore già messo in ginocchio dal Covid, e poi reintrodurla, più pesante di prima, per ottenere i soldi necessari al "rilancio" post-epidemia? Domande senza risposta. Eppure è proprio quello che è successo. Pagina 64 dell'accordo siglato ieri al Consiglio Ue da Giuseppe Conte e gli altri capi di governo: «Nei prossimi anni l'Unione lavorerà a una riforma del sistema delle risorse proprie e introdurrà nuove risorse proprie». Dove, per capirsi, «risorse proprie» significa tasse europee, quattrini che escono da imprese e famiglie nazionali per andare dritti nei forzieri di Bruxelles. «Come primo passo», prosegue il documento, «sarà introdotta e applicata a decorrere dal 1º gennaio 2021 una nuova risorsa propria composta da una quota di entrate provenienti da un contributo nazionale calcolato in base al peso dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati, con un'aliquota di prelievo di 0,80 euro per chilogrammo». Altre imposte seguiranno. Una sulle emissioni di CO2 (carbon tax) e un non meglio specificato «prelievo sul digitale», destinati a essere introdotti «al più tardi entro il 1° gennaio 2023». Non bastasse, «l'Unione lavorerà all'introduzione di altre risorse proprie», le quali «potrebbero comprendere un'imposta sulle transazioni finanziarie». Il Leviatano europeo che avanza e s' ingrassa. 

RIENTRO DALLA FINESTRA
Plastic tax sarà, dunque. Stavolta non ce la leverà nessuno. E dire che doveva scomparire. Nell'intento di fare cassa e con la giustificazione dell'ideologia ambientalista (la plastica è al secondo punto nella lista nera dei gretini, subito dopo l'anidride carbonica), i giallorossi l'avevano pensata da 1 euro per ogni chilogrammo di plastica non riciclabile. Quando imprenditori e sindacati fecero capire agli improvvisati statisti che così avrebbero ucciso un settore in cui l'Italia è leader mondiale e che solo nella "packaging valley" emiliana conta 270 imprese e 17mila occupati, il balzello fu ridimensionato a 45 centesimi al chilogrammo. Gettito previsto per il nostro fisco: oltre 500 milioni l'anno, in graduale discesa man mano che la plastica monouso tenderà a scomparire (assieme a chi la produce, s' intende). Data di partenza: 1º luglio 2020. 

RICADUTE PESANTI
Un salasso comunque troppo pesante per le aziende italiane. A maggior ragione dopo la botta del Covid, che ha costretto aziende come la Sibeg, che imbottiglia la Coca-Cola in Sicilia, a mettere in cassa integrazione 319 dipendenti. Tanto che in aprile Confindustria ha chiesto di bloccare subito plastic e sugar tax, per evitare «il tracollo delle aziende» e la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro: 80mila quelli a rischio solo nel settore delle bibite. Questi timori, e la pressione dei renziani, hanno convinto Conte e Roberto Gualtieri a spostare l'entrata in vigore dei due balzelli all'inizio del 2021. In parlamento, però, già si pensava a come cancellarle ambedue. E adesso, a grande richiesta del presidente del parlamento europeo (il pd David Sassoli, quello che dovrebbe essere lì per aiutare l'Italia), arriva l'intesa tra i capi di governo che farà scattare la plastic tax il prossimo gennaio, dunque prima che arrivino i sospirati «sussidi» europei. Al "prezzo" di 80 centesimi al chilo, anziché 45. Con un costo annuo per le imprese e i consumatori italiani pari a un miliardo di euro. Questo in attesa della carbon tax e delle altre «nuove risorse proprie» della Ue, nonché delle imposte che dovrà inventarsi il governo italiano per rimborsare il debito e coprire il buco lasciato dalla plastic tax. E già: se quei soldi, messi in conto dal Tesoro per il 2021, andranno a Bruxelles, non potranno finire nelle casse italiane, che quindi dovranno essere rimpinguate in altro modo... 

Dai blog