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Vittorio Feltri contro il buonismo della sinistra: vivono di insulti e qualunquismo
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Caro amico Mario Piga, condivido tutta la sostanza della sua impeccabile analisi. Ormai la stampa e la maniera di pensare diffusa sono influenzate da una pseudocultura genericamente di sinistra, che pretende di imporre anche un linguaggio diverso da quello dei dizionari di italiano e da quello popolare. L'ho già scritto e lo ripeto: le parole nascono e si affermano perché le usa la gente, sono l'effetto dell'unica democrazia autentica. Il lessico familiare è l'espressione del sentire comune, appartiene a ognuno di noi e supporre di poterlo piegare alle mode politiche è un esercizio velleitario. Ciò che lei scrive riflette la triste realtà dei nostri giorni ammorbati dal buonismo dolciastro che offende le coscienze libere.
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La comunicazione in genere soffre di una sorta di qualunquismo. Purtroppo pure i quotidiani non completamente progressisti si adattano all'andazzo, poiché il conformismo è assai attraente e si espande a macchia d'olio. I cosiddetti social poi sono più efficaci del Covid, gli sfoghi maledetti delle iene da tastiera sono incontenibili e infettano lo stile della informazione. L'insulto è stato promosso a forma espressiva abituale, è entrato nel costume degli scrittori improvvisati, molti dei quali addirittura analfabeti. Certi fenomeni sono difficili da contrastare, e ci aspetta un devastante inquinamento filologico da cui penso non sia agevole purgarsi in tempi brevi. Mi spingo a dire che il turpiloquio e le frasi offensive che circolano impunite sugli strumenti tecnologici ormai trionfanti uccidano il desiderio di esporre correttamente i concetti. Chi desidera contestare un ragionamento non si sforza di opporne uno più convincente; preferisce dare a chi lo ha scritto della testa di cazzo, del vecchio rincoglionito, dell'ubriacone, al quale non di rado si augura di andare presto al cimitero. Parlo per esperienza. Il rispetto e l'educazione sono defunti.
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L'imbarbarimento dei dibattiti ne è la conseguenza evidente. Quanto al politicamente corretto, inarrestabile, conviene rassegnarsi a subirlo benché l'Ordine dei giornalisti, che lo cavalca, sia riuscito a rendersi mestamente ridicolo. Mi auguro soltanto che alla fine di questo periodo di sbronza sinistra la libertà di stampa, e non solo di quella, torni ad essere un valore superiore, come insegna la Costituzione. Un valore delimitato dai codici penale e civile. Infine, caro amico, la debbo correggere per interesse personale. La battaglia in favore di Enzo Tortora la fece il Corriere della Sera diretto da Piero Ostellino, e tutti i numerosi articoli in difesa del presentatore li vergai io da Napoli, dove ero stato inviato. Lo ricordo non per darmi delle arie, ma per amore di verità.
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