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Flavio Briatore e il Billionaire, Renato Farina: "Le colpe del coronavirus ricadono sempre sui più ricchi"

Renato Farina
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Il colmo di questa versione estiva del Covid 19 è che lo abbiamo trasformato in un gioco di società. Ricchi contro poveri. Dove, in questo momento, i ricchi appaiono soccombenti. La seconda famosa ondata di Corona infatti sembra essersi dedicata soprattutto a loro, con grande giubilo della categoria che nella vita è solitamente perdente, ma ora - almeno a quanto si capisce dai giornali che riferiscono tweet e altre maledizioni gaudenti - trionfa e versa odio come fosse miele sulle desolate chiome dei milionari. L'unico rimpianto di questi gatti magri che si sentono in bocca la polpa grassa dei topi ad alto reddito, è che i ricchi - con il solito culo e la solita ingiustizia - si sono presi un virus accomodante, e credo che presto Il Cazzaro quotidiano di Marco Travaglio sosterrà che Berlusconi, Briatore e i loro amici devono aver corrotto pure la peste convincendola ad ammorbidirsi come si faceva una volta con la guardia di finanza. Finalmente, grazie ai focolai sardi, e alla prostatite polmonare di Briatore al San Raffaele, si sta facendo strada la verità. Come già sosteneva Gigino Di Maio contro Donald Trump, il virus non è affatto cinese, e il focolaio originario non è mai stato a Wuhan. Calunnie dei ricchi reazionari. L'occhio dei satelliti e dei droni si è spostato dagli ospedali di laggiù, povere vittime, alle discoteche della Gallura.

 

 

Altro che pipistrelli e pangolini mangiati vivi. Il virus si è trasmesso dal caviale Beluga a cucchiaiate. Il laboratorio che ha creato la terrificante chimera trasferita dallo storione e dalle sue uova all'uomo è situato sulla Costa Smeralda, e il virus è stato coltivato e irrobustito grazie alle luci psichedeliche e ai decibel possenti del Billionaire, dove il Corona era andato incautamente a ballare quando era piccolo.

Contrordine -  Non stiamo scherzando affatto. È una ipotesi presa assai sul serio dalla nostra magistratura che ha sempre il buon fiuto di quel che desidera il popolo: una volta era quello dei fax ad agitare il nodo scorsoio; ora è quello dei tweet. Tempi remoti, allorché a gennaio trapelarono le prime notizie di una strana polmonite assassina diffusasi in Cina. I governatori del Nord ardirono indicare come pericolosa la promiscuità scolastica. Mettere fianco a fianco studenti giunti dopo le vacanze di Natale dalla Cina e quelli rimasti sotto l'albero a Chiesa Valmalenco gli pareva foriero di guai. Razzisti! Subito l'ottimo presidente della Repubblica Sergio Mattarella andò a baciare i bambini cinesi nelle loro classi e telefonò al collega Xi Jinping per scusarsi della calunnia. Virus cinese? Ma quando mai. Dopo di che per mesi il Tg1 ci ha addottrinato sul governo comunista di Pechino che ci inondava gratis di mascherine, disinfettanti e respiratori: erano a pagamento, ma non c'è stata rettifica. Vi risulta che ci sia mai stata qualche indagine delle procure sul perché e il per come sia arrivato qui alla chetichella il virus da una Cina omertosa? Le Procure hanno inviato qualche prudente avviso di garanzia, hanno iniziato un'indagine che puntasse al porto di origine dei focolai che dal Fiume Giallo sono approdati sulle rive dei fiumi Serio, del Lambro? Una qualche convocazione amichevole di ambasciatore per vederci chiaro, tanto più che sono usciti libri anche in Italia dove si circostanziano accuse per la negligenza, se non per il dolo, con cui dai laboratori militari di Wuhan si è consentito all'epidemia di infettare allegramente prima i mercati della capitale della provincia di Hubei (53 milioni di abitanti) e poi l'intero pianeta. Ora però la verità - a leggere i quotidiani italiani e i siti internet - è venuta a galla. I duecento milioni di infetti nel mondo, e il mezzo milione di morti, possono avere giustizia. Come capitò a Hitler, individuato prima nel suo Nido d'aquila in Baviera e poi nel suo bunker a Berlino, così l'autore dello sterminio è stato identificato prima al Billionaire e poi nel reparto solventi dell'ospedale San Raffaele di Milano. È notizia di ieri che la procura della Repubblica compente ha aguzzato gli occhi per impedire che l'untore del millennio la faccia franca: il Billionaire è stato eletto come scena primordiale del crimine, e il suo padrone Flavio Briatore è sotto indagine come sospetto artefice di pandemia. Feltri ha già scritto che emettere sentenze sulla morte del Covid è stata, da parte di Briatore, un'esagerazione. Sono dicerie che già fecero circolare a proposito di Dio, in ordine cronologico Frederich Nietzsche e Francesco Guccini: una vecchia storia, perché di solito dopo tre giorni risorge. Ma dall'aver detto una pistolata in tivù a essere additato come seminatore di morte ce ne vuole. D'accordo, ha tenuto aperto il suo locale di lusso. Ma l'ha fatto perché autorizzato dal governo e dalla Regione. Poi - lamentandosi alquanto - ha chiuso la baracca quando gliel'hanno ordinato. Il gioco di società è cominciato quando è risultato aggredito dalla bestia. La sua positività è equivalsa al suicidio di un pedofilo colto sul fatto. Tipo: tanto va la gatta al lardo eccetera. Briatore reggerà il colpo. Ne trarrà - dopo la pronta guarigione - ulteriori utili. sa benissimo come funziona. Per far accorrere il popolo bisogna far credere che l'indirizzo sia un'esclusiva per miliardari. Pur di essere ammessi a osservare da qualche metro il privé, e a odorare i rarissimi profumi all'essenza di lapislazzulo e slip di Naomi, sono migliaia i semi-proletari pronti a fingersi di quel livello: per una sera, sono bravi anche i parcheggiatori e i gommisti, oltre che i geometri e i giornalisti. Accidenti, e noi che credevamo che a permettersi il Kruger e il fois gras da quelle parti fossero una dozzina di panzoni russi, qualche emiro, e tre calciatori con rispettive fidanzate. Balle. Apprendiamo che in quindici giorni o poco più hanno contribuito al fatturato di Briatore 11mila clienti con tanto di ricevuta fiscale. I veri ricchissimi hanno fatto una partitina di calcetto all'aperto con Mihajlovic, Bonolis e alcuni petrolieri iraniani: lì nessuno vendeva il biglietto d'ingresso ai coglioni. I quali sono accorsi come torme di pesci boccaloni dove di tanto in tanto compariva Briatore a garanzia che era proprio quello lì il posto famoso. Le regole prevedevano distanze, mascherine, amuchina. Soprattutto che scrivessero il proprio nome e cognome con numero di telefono sui quadernoni. Mica fessi. Come nel film con Vittorio De Sica e Alberto Sordi in gita con le marchesine si sono firmati tutti Conte Max o baronessa Mazzanti Vien dal Mare. Non è che volevano sottrarsi ai test dell'infezione ma alla certezza di vedersi arrivare nel villino con i sette nani la finanza per un controllo fiscale.

Le vittime - È così, ne siamo sicuri: come sempre le vittime preferite dei ricchi sono i poveri, che trascinati dall'invidia sociale prima aspirano a respirare l'atmosfera figaiola di quei posti lussuosi e lussuriosi, poi sperano che i loro idoli segreti crepino tutti. Prima frequentano i siti per paperoni convinti che lì si acquisisca per contagio l'immunità dalle malattie; poi li colpevolizzano per averli adescati attraendoli nei loro ritrovi. L'alibi di Briatore immaginiamo quale possa essere. Le foto degli assembramenti mostrano solo gente povera. Chi ha mai visto in vita sua assembramenti di ricconi, ascella ad ascella? In realtà, pur conoscendo alla lontana parecchi ricconi, non ne conosco neppure uno che sia mai stato al Billionaire, ma il mio panettiere preferito non ha voluto mancare, e ora è a casa che trema. Per fortuna si era firmato con il nome sbagliato.

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