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Coronavirus, c'è del buono a Pechino: se la Cina è tornata a correre possiamo farlo anche noi, ecco come

Giancarlo Mazzucca
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La Cina è lontana, sempre più lontana, almeno così sembra. Mentre l'Italia e l'Europa continuano ad arrancare nel disperato tentativo di uscire dalle forche caudine del Covid, sul fronte economico sta andando a tutto gas proprio quel "pianeta" da dove il contagio si è propagato in tutto il mondo con il focolaio di Wuhan.

Ad una prima lettura, considerando il fatto che ora sta meglio degli altri il Paese che dovrebbe piangere sé stesso, verrebbe quasi da dire: dopo il danno, la beffa. A misurare quella che una volta chiamavamo la "febbre gialla", resti, in effetti, particolarmente sorpreso perché gli ultimi dati al riguardo sono molto significativi: Pechino, nel maggio scorso, ha messo a segno un surplus commerciale di ben 45,5 miliardi di dollari, con un grande balzo delle esportazioni, ma anche con un aumento in percentuale ancora più vistoso delle importazioni che raggiungono un ritmo mai toccato dal marzo del 2010.

 

 

 

A questo punto, potrebbe sembrare quasi paradossale il fatto che proprio il pianeta (laboratorio o non laboratorio) da dove è scoppiata la bomba atomica della pandemia sia quello che, adesso, sta traendo più vantaggio dagli effetti collaterali del dopo -contagio. Una volta ci dicevano che chi sbaglia deve pagare, ma l'esempio della Cina - che risorge tutta pimpante dalle macerie del terremoto che ha provocato - dimostra che, spesso e volentieri, non valgono più quelle vecchie regole che ci avevano insegnato. Per la verità, già da tempo avevo capito come sarebbe andata a finire con la sindrome cinese: a farmi aprire gli occhi sugli occhi a mandorla era stato, l'anno scorso, Alberto Forchielli, grande esperto di Pechino e dintorni.

Con i tanti numeri che mi aveva snocciolato, avevo compreso che, anziché la "Via della seta" con la Cina, rischiavamo di percorrere un'altra "Via Crucis", l'ennesima. È quindi evidente il nostro malessere: non piace a nessuno sentirsi cornuti e mazziati. Ma, nonostante tutto, vedo nel "boom" economico dei cinesi un aspetto positivo che merita di essere sottolineato: loro possono essere un buon precedente anche per noi.

 

 

 

 

Se, infatti, sono stati capaci di risollevarsi così bene dagli effetti disastrosi del contagio, per quale motivo non potremmo riuscirci anche noi come, peraltro, starebbero già dimostrando gli ultimi dati congiunturali che ci riguardano? In fin dei conti, siamo pure noi molto bravi a tirarci su come già accadde negli anni del dopoguerra, gli anni della Ricostruzione. Allora avevamo il "Piano Marshall", oggi possiamo contare sul "Recovery Fund": Draghi pensaci tu.

 

 

 

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