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Nicola Morra, l'ultima vergogna del grillino: ora si dispera perché non sa chi accusare

Iuri Maria Prado
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Nicola Morra, esponente del clan neofascista fondato a suon di vaffanculo da Beppe Grillo, presiede quella specie di centrale della delazione che è la commissione Antimafia. Tra una seduta e l'altra si occupa di varia umanità: per esempio rimproverando ai calabresi di aver votato per la sua avversaria politica malata di cancro; oppure facendo irruzione in un centro per la somministrazione dei vaccini lamentando non si sa bene quale disservizio e sollecitando l'intervento di qualche suo amico al ministero mentre gli uomini della scorta schedano il personale presente; o ancora raccogliendo le veline cospirazioniste che gli passa il magistrato in vista di pensione, ma sulle scale del Csm, mica in ufficio, perché la politica dell'onestà si sbriga meglio a pissi pissi bao bao. 

 

Bene, il Morra l'altro giorno si doleva del fatto che gli fossero arrivate poche liste di candidati alle imminenti elezioni locali, di modo che ha potuto fare controlli solo parziali sulla presenza di eventuali “impresentabili”.

 

Avrebbero dovuto mandargliene anche meno, anzi nessuna. Perché ripugna anche la sola idea che un’elezione possa essere filtrata dallo scrutinio inquirente della valutazione antimafiosa, specie in un sistema come il nostroin cui un’imputazione dimafia (che va in prima pagina) è molto spesso la premessa di un’assoluzione (che però va in trafiletto, tutt’al più).

Tra i rinviati a giudizio per mafia, e persino tra i condannati in primo grado, ci sono persone oneste e innocenti almeno quanto chi pretende di giudicarne la presentabilità, e includerle nelle liste non dovrebbe rappresentare un’onta ma un motivo di vanto da opporre con fierezza ai maggiordomi dei pubblici ministeri. Teniamolo bene a mente: Enzo Tortora, per questa feccia, sarebbe stato un impresentabile.

 

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