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Alfonso Bonafede si vergogna del suo matrimonio: troppo sfarzo, foto vietate. Ma... ecco dove si è sposato, le immagini

Filippo Facci
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Ma certo che siamo sicuri: siamo arci-convinti che l'Alfonso Bonafede di qualche anno fa, quando era lo spiantato che era (e che resta: si è spiantati dentro) si sarebbe sposato nello stesso sobrio modo, nel medesimo e pudibondo e morigerato contesto che prende il nome da Villa Corsini, a uno sputo da Firenze, a Mezzomonte, dimora seicentesca che avrebbe scelto anche quand'era solo un intraprendente migrante di Mazara del Vallo, come resta orgogliosamente. Ecco: come unica concessione al passato, e come sola rilevata rimozione, osserviamo che forse un tempo sarebbe anche salito alla consolle genere discoteca «Extasy» di Mazara e, come nel 1995, avrebbe sparato dalle casse «The rhythm of the night» che era il suo prediletto riempipista per tamarri, benché avremmo prediletto la più contestualizzata - non ce ne voglia - versione «Ti si mangiate la banana» reinterpretata dall'immortale (è morto) Leone di Lernia. È nostra coriacea convinzione che Bonafede, se si fosse sentito meno ingessato, avrebbe anche gridato «su le mani!» come faceva allora, e come in seguito avrebbe voluto fare rivolto a mezzo Parlamento, magari sparando non proprio musica.

 

 

DIMORA PRINCIPESCA
Ma bando al passato che vorrebbe incatenarci: non c'è nessuna provinciale incoerenza - dicevamo - nel fatto che l'ex «Dj Fofò» abbia scelto lo stesso popolano casotto in cui si sono sposati anche la principessa di Svezia e qualche magnate indiano (gente di pari livello) tra gli affreschi che inneggiano a divinità campestri e giardini alla francese, come ha notato Francesco Merlo sul Foglio. È perfettamente legittimo che il Guardasigilli che non lo è più (vivaddio) ritenga appropriata la sede di feste faraoniche affittate nella magione del principe Corsini, amico e socio di Tommaso Verdini, figlio di Denis, con catering tipo Casa Bianca affidato a Guido Guidi, che a sua volta organizzava le cene di Matteo Renzi o quelle con Angela Merkel di Nicholas Cage, o ancora quelle della Ferrari (automobile) di Luca Cordero di eccetera. Non c'è niente di male nell'auto-recludersi nell'equivalenza tra i menù più costosi e la roba più immangiabile, tipo le verdure in tempura e le pappette al pomodoro inflitte ai graditi ospiti, roba da aperitivo. A una come Paola Taverna, che pure è arrivata direttamente dal mercato di Fiumicino con una pezzogna incartata nella Louis Vuitton (che ormai è davvero la borsa delle Paole Taverna), mica potevi piazzare i busiati al maiale tipici delle tue parti.

 

 

CAMBIO DI ROTTA
Insomma, Dj Fofò, stai sereno, come direbbe quell'altro: il peggior Guardasigilli della storia repubblicana meritava la cornice dorata (placcata, anzi, meglio: in foglia d'oro) in cui hai racchiuso il fosco affresco del tuo status illusorio. Hai fatto bene. Hai fatto tutto bene. Compreso il vergognarti come un ladro, cercando goffamente di celare, ossia, che «la festa nascosta è un ossimoro» (cit.) senza che possa scusarti nemmeno che tu, ossimoro, forse non sai neppure che cosa vuol dire. Cioè, capisc'a mme: un ex ministro che pretenda riservatezza per un matrimonio a Villa Corsini è come un Mattarella che la pretendesse per frequentare il campo nudisti di Capocotta. Hai fatto sottoscrivere clausole sulla privacy per chiunque anche solo ne parlasse, hai secretato anche il menù (hai fatto benissimo, da quanto appreso) e nondimeno la lista degli ospiti. Ovviamente niente foto. Insomma: hai seguito alla lettera il vademecum ideale per attirare fari da stadio, indi far notare che c'erano più scorte che invitati, che pure erano 150. Hai fatto ogni cosa per farti ricordare quando accusavi ogni scimmia antropomorfa in giacca e cravatta d'essere «emblema della casta alienata dalla realtà» (cit. Jacoboni) e che il no ai privilegi era il mantra di voi grillini imborghesiti, ricordare, pure, quando te la prendevi con i bunga bunga e i Billionaire per i quali vi manca ancora il coraggio. Poi gli ospiti: sono trapelati solo i nomi di Giuseppe Conte, Luciana Lamorgese, appunto Paola Taverna, Riccardo Fraccaro e Roberto Fico, come dire: figuriamoci gli altri. La miglior figura e il miglior profilo, per una sola eccezionale volta, vanno attribuiti all'invitato Luigi Di Maio: non c'era. Era in Slovenia. Non c'era neppure Alessandro Di Battista, ma quello, ormai, non si nota se c'è e neanche se non c'è. Comunque ripetiamo: hai fatto bene, Fofò. Chiunque ha diritto di celebrare il proprio sogno italiano. Traduzione: scurdammoce 'o passato. Anche se voi grillini avete un altro problema: dovete scordarvi anche il futuro.

 

 

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