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Vittorio Feltri, strage a Torino e morti sul lavoro: "Non è sempre colpa del padrone", un'amara verità

Vittorio Feltri
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I lettori si saranno accorti che negli ultimi tempi gli incidenti sul lavoro tengono banco nelle discussioni pubbliche. Indubbiamente gli infortuni in cui si feriscono o addirittura muoiono operai fanno impressione e trafiggono il cuore. Ma in mancanza di statistiche aggiornate dobbiamo usare quelle degli scorsi anni, in base alle quali occorre riconoscere che il numero di chi muore mentre sta sgobbando è in costante diminuzione da anni. Il che non significa: si crepa di meno nelle fabbriche e nei cantieri, per cui dobbiamo festeggiare. Il discorso è un altro. Se oggi perde la vita meno gente di ieri dobbiamo solo impegnarci a percorrere la strada che ha consentito di ridurre il numero delle tragedie.

 

 

Non si può continuare a incolpare gli imprenditori perché un carpentiere scivola su una impalcatura, precipita al suolo e si sfracella. Ovvio che fatti del genere addolorino e impongano maggiore attenzione. Ma è sbagliato accusare un ingegnere o un geometra perché la manodopera che si arrampica su un edificio in costruzione, in un momento di disattenzione, mette male un piede e cade come corpo morto cade. Teniamo conto che esistono il caso, la sfortuna, la fatalità: è illogico prendersela sempre con i capi di azienda che non avrebbero garantito sufficienti protezioni a chi si guadagna il pane facendo un mestiere comunque rischioso.

 

 

Concedetemi un altro esempio: alcune settimane orsono un poveraccio è stato travolto e ucciso da un autocarro lungo l'autostrada. Una disgrazia orrenda che ha commosso tutti noi. Ma non credo che il camionista abbia investito il poveraccio volontariamente, né che il suo principale gli abbia ordinato di sterminare chiunque intralciasse il suo viaggio. Agli uomini da sempre purtroppo succede di compiere mosse sbagliate e di provocare o subire disgrazie. Per altro, estremizzando, ricordo quel che accadde a un mio zio che era un oste: andò in cantina per imbottigliare il vino, e risalendo la scaletta di legno, inciampò e si fratturò il femore. Mi pare evidente che questo sinistro non si possa catalogare nell'elenco degli incidenti sul lavoro. Fatti simili se non uguali succedono spesso. Insomma vale sempre la stessa regola: serve prudenza in qualsiasi situazione. Forse i padroni hanno le loro responsabilità, ma qualcuna probabilmente l'abbiamo anche noi quando ci infortuniamo in un momento di distrazione. La cautela insomma non è mai troppa. 

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