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Non è l'Arena, Walter Veltroni da Massimo Giletti? Un legittimo sospetto sul libro (e l'orrore di Bucha)

Iuri Maria Prado
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D'accordo che, quando scrivi un libro, cerchi di promuoverlo. D'accordo che, per promuoverlo, cerchi quelli che ti fanno la marchetta. Tutto ordinario, niente di male. Ma se lo fai sulla notizia dell'ultimo eccidio in Ucraina e sulle immagini delle fosse comuni da cui fioriscono le teste e le membra dei trucidati, allora no: allora significa, alternativamente, che usi quello scempio come volano per piazzare qualche copia in più oppure, e non si sa cosa sia peggio, che hai un senso di te stesso così ridicolmente inadeguato da ritenere che la tua comparsata, con la novità editoriale che la giustifica, sia il congruo sigillo sull'orrore universale di quelle immagini.

 

 

È quel che candidamente ha fatto l'altra sera Walter Veltroni, il quale magari non ha richiesto ma sicuramente ha accettato di presentare, a contrappunto di quelle immagini, il suo nuovo libro durante il programma Non è l'Arena, condotto da Massimo Giletti. E anche qui le ipotesi sono due: che l’invito fosse programmato prima che ovunque nel mondo circolassero le immagini del massacro di Bucha, oppure che proprio quella notizia sia stata giudicata l’occasione buona per la presentazione della fatica letteraria del regista-scrittore (dio santissimo) sottratto ai destini d’Africa per la gioia dell’intrattenimento trash. 

E dei due casi - ridaje - non si sa quale sia il peggio: perché se è il primo caso, e se si interpone quel macello, magari rinvii di una settimana, che non vai in miseria; mentre se è il secondo («Walter, visto i morti con le mani legate dietro la schiena? Dài, vieni in trasmissione che ci picchiamo dentro la copertina del tuo libro!»), allora metti un freno all’abiezione e non t’impanchi tutto serio a biascicare la tua prosa bolsa sulla scena di quell’ignominia. E invece niente: il massacro di Bucha e l’ultimo libro di Veltroni Walter, così, in armoniosa e decentissima giustapposizione.

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