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Giustizia, la riforma è un bluff: non lo diciamo noi, ma gli stessi magistrati

Paolo Ferrari
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La riforma della magistratura approvata questa settimana è uno dei più grandi bluff degli ultimi anni. Un tarocco che ha solo lo scopo di far vedere a Bruxelles che l'Italia ha fatto qualcosa in materia di giustizia così da consentirgli di prendere gli agognati soldi del Recovery. Reclamizzata come 'epocale' dai partiti che appoggiano la maggioranza di governo, in realtà la riforma voluta dalla ministra Marta Cartabia non cambierà un bel nulla. Ad affermarlo sono gli stessi magistrati che hanno diramato ieri un lungo elenco di cose che bisognava cambiare e che invece sono rimaste immutate. 

La prima riforma da fare dopo lo scoppio del 'Palamaragate', scrivono le toghe dissidenti sotto la sigla di Articolo101, era togliere potere alle correnti, i gruppi parasindacali di magistrati che condizionano le nomine al Consiglio superiore della magistratura. Gruppi divenuti famosi al grande pubblico per essere stati abbondantemente citati nei libri di Luca Palamara e Alessandro Sallusti. Il prossimo Csm «verrà eletto su base politica con le candidature in mano alle correnti» e il sistema elettorale scelto rafforzerà «gli eserciti organizzati perché determina che i candidati non sono neppure conosciuti nel territorio ove si svolgono le votazioni». Il voto, in pratica, «sarà elargito per direttiva della corrente e vi saranno scambi elettorali abilmente concordati». 

DOPPI INCARICHI 
La separazione delle funzioni, cosa diversa dalla separazione delle carriere, è altra aria fritta, ed è «già in atto, visto che i passaggi dalla magistratura requirente alla giudicante e viceversa sono già da molto tempo una rarità». Pm e giudici, in compenso, «conti nueranno ad essere rappresentati al Csm condizionandosi reciprocamente». Ed il 'potere' che sarebbe stato da to ai difensori di giudicare i magistrati che sbagliano? «Agli avvocati il contentino di un 'voto unitario', un solo voto nell'ambito di organo collegiale, sul gradimento del magistrato in valutazione». Se gli avvocati vorranno incide re sulla vita professionale dei magistra ti, dovranno accettare a loro volta di essere giudicati dagli stessi organismi a composizione mista. Nessun cam biamento, poi, nel rapporto fra toghe e politica, dal momento che non sono stati minimamente tagliati i maxi stipendi dei pm nei ministeri.

LA "MANDRAKATA"
Come ricordato ieri da Libero, il magistrato che svolge attività amministrativa presso un ministero, continua a cumulare gli stipendi: quello da pm e quello, ad esempio, da capo di gabinetto. «Resta la lusinga dell'incarico d'oro, visto che il magistrato chiamato all'alta burocrazia dalla politica, oltre al 'gettone' di circa 250mila euro all'anno conserverà anche il suo stipendio, sebbene non metta piede in un'aula di tribunale», ricordano le toghe. Il motivo è tutto politico: «La politica si mostra piuttosto generosa coi subalterni, magari tornano utili quando vestiranno nuovamente la toga a capo di qualche ufficio di procura». Ed infine il fascicolo del magistrato che raccolga i suoi "insuccessi", sentenze demolite o accuse non provate. Le tanto temute pagelle. 

«È, tra tutte, la vera mandrakata, degna del compianto Gigi Proietti»,scrivono ancora le toghe. Visto che le valutazioni di professionalità del magistrato avvengono ogni quattro anni ed i processi d'impugnazione durano mediamente molto di più, nessuno saprà mai che fine hanno fatto i suoi provvedimenti. «È ormai chiaro a tutti che non sarà riformato un bel nulla. Quindi si brinda, anzi si sciopera!», prosegue quindi il comunicato dei magistrati di Articolo101. «Ogni riforma», concludono le toghe, «che riguarda la magistratura, per tradizione, va sugellata con uno scioperino dei magistrati: è il brindisi all'accordo tra la politica e le correnti che della prima sono la longa manus. E il fatto che l'Anm stia proprio in queste ore allestendo il cerimoniale della protesta di rito, conferma e rinnova la vicinanza tra politica e magistratura». Auguri e buona riforma!

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