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Marco Travaglio, la sua lista di proscrizione: i nomi, la vergogna che non potrà mai cancellare

Marco Travaglio

Filippo Facci
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«Semel in anno licet insanire», una volta all'anno è lecito impazzire ma forse un anno è poco, facciamo dieci - e però accade che Libero e Il Fatto stiano curiosamente convergendo sull'indegnità delle «liste di proscrizione dei putiniani» pubblicate dal Corriere, ossia quelle in cui un titolo di via Solferino aveva usato per definire «Influencer o opinionisti: ecco i putiniani d'Italia» con tanto di foto segnaletiche e dossieraggi vari, tutto materiale raccolto non è chiaro ancora da chi, visto che i servizi segreti hanno lasciato il Corriere con il cerino in mano.

Non è neanche la prima volta che due estremi come Libero e Il Fatto inavvertitamente si toccano: i primi di marzo avevano pure convenuto nel condannare con altrettanta decisione le prime listarelle di proscrizione del nientino giornalistico chiamasi Gianni Riotta, ancora più ignobili e scadenti perché dentro ci aveva infilato praticamente chiunque gli stesse sulle balle. Ma qui siamo alla serie B, mentre le due paginone color bile (erano verdine) del Corriere della Sera dovrebbero essere la serie A del giornalismo, e invece le colleghe Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini - piena solidarietà di categoria da parte nostra - hanno pestato una memorabile velina senza neppure sapere chi fosse il velinaro. A Libero non piace. Al Fatto neppure.

 

 

LISTE D'AUTORE - Ciò posto, possiamo anche chiudere in cordialità e gaiezza la fase delle fellatio tra Libero e Il Fatto, essendosi instaurato un clima di equa e tonificante lealtà atta a creare un clima sereno e distensivo che riconosca interamente il merito altrui. Il quale, nel caso, è questo: sono più bravi loro. Nell'individuazione, ideazione, classificazione e uso reale delle liste di proscrizione loro sono i numeri uno, assieme ai loro sponsorizzati grillini: anche se l'esperienza dei vari Marco Travaglio e Peter Gomez e Gianni Barbacetto poggia su scuole di formazione che sfiorano addirittura la Prima Repubblica, anzi, sono degli autentici veterani - medagliati al disvalore - che hanno fatto evidentemente scuola.

Parliamo dei mitici autori dei tomi Onorevoli wanted, Se li conosci li eviti, Colti sul fatto e Bugiardi senza gloria, ma soprattutto narriamo le gesta dei grandi ispiratori (e rilanciatori) della nondimeno mitica «Lista nera del M5S» (i grillini) che dall'estate 2014 metteva alla berlina «il giornalista del giorno» segnalato come nemico pubblico del Cremlino di Sant' Ilario, Genova.
Il «Premio Stercorario» (definizione di cui lo scrivente rivendica la primogenitura a proposito di un collega, correva l'anno 2008) riportava al portale di Beppe Grillo e ai voti confluiti sui peggiori dei peggiori. Al primo posto c'era Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, che pure non era stato per niente severo nei suoi giudizi: «Grillo è violento come il capo della tifoseria camorrista del Napoli. È intriso di sporcizia morale. È un putrido e turpiloquente tribuno del nulla, perché non ha un programma, non ha un progetto, ha consiglieri ridicoli a partire dalla capigliatura e che hanno un'idea della realtà connaturale solo a certi dementi teorizzatori del governo mondiale. Grillo è il male assoluto».

 

 

Una critica accorata, dunque, dopodiché, nell'elenco, seguivano la firma del Corriere Pierluigi Battista, poi lo scrittore-autore e notoriamente modesto Corrado Augias, poi il solito Alessandro Sallusti che s' infila sempre da tutte le parti, e che mosse una critica politica giudicata non costruttiva: «Grillo non è un interlocutore politico, è uno stronzo». Il Fatto seguiva e alimentava la classifica anche contro Gad Lerner, Massimo Gramellini, addirittura Carlo De Benedetti oltre a Maria Novella Oppo dell'Unità ed Ezio Mauro quando era direttore di Repubblica.

EMINENZE GRIGIE - Sì, certo, lo sappiamo che non sono liste dei servizi segreti, del Copasir e dintorni: sono legittime (nel senso: non costuiscono reato) ma fanno schifo uguale, perché puntano il dito di una maggioranza verso un singolo. E mica ci son state solo quelle. Ancora nel 2014 il signor Rocco Casalino fece sapere a Nicola Porro (che allora conduceva Virus su Raidue) che nessun grillino sarebbe intervenuto in trasmissione se ci fosse stato lo scrivente come previsto. 

E andò così: io andai, loro disertarono. Porro si rivolse al presidente della Commissione di Vigilanza Rai, che però era un certo Roberto Fico del Movimento 5 Stelle. Analogo veto lamentò anche Gaia Tortora su La7 nel programma Omnibus, c'era una vera e propria lista che riguardava anche Vittorio Sgarbi, Alessandro Sallusti (sempre lui), Claudia Fusani a sempre nuovi entrati. Va ricordato che all'epoca, questi qui, quelli delle liste, erano al governo.

Intanto le eminenze grigie (di capelli, ormai) continuavano a compilare sul Fatto le loro severe liste di «indegni» già condannati (in giudicato) o non condannati (non in giudicato) o anche solo rinviati a giudizio o anche solo indagati o anche assolti che però furono «coinvolti» nell'inchiesta X (seguivano estratti di qualche sentenza) che però nell'insieme erano gli «impresentabili», ecco. E va detto: nel fare e quindi riconoscere certe liste i numeri uno sono loro. Il podio è cosa loro e la loro consulenza ci è preziosa.

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