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Giuseppe Conte, l'uomo che campava di decreti ora invoca l'aula: che ipocrita...

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 Giuseppe Conte

Iuri Maria Prado
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Ai tempi dei suoi governi, il professor avvocato Giuseppe Conte non si è fatto conoscere solo per la sua coraggiosa renitenza al congiuntivo ma anche per aver mandato in desuetudine l'istituto parlamentare, quell'ambito trascurabile che si dichiarava «disponibile ad ascoltare» e a frequentare un paio di volte al mese, nelle pause tra una conferenza stampa e una diretta Facebook confezionata dall'esperto di depilazione ascellare Rocco Casalino.

 

Tramortisce, dunque, la brama parlamentarista con cui oggi il medesimo Conte reclama dibattito nelle assemblee legislative per la discussione dell’atteggiamento italiano sulla guerra all’Ucraina. Quello ha tirato dritto per mesi e mesi sfornando decreti personali, sottratti al vaglio parlamentare e tutti illegittimi, con i quali abbatteva una per una le libertà costituzionali (di circolazione, di associazione, di manifestazione, di studio, di iniziativa economica, di culto): e non avrebbe smesso se non fosse stato per qualche monito che finalmente poneva freno a quella pratica di inaudita violazione.

 

Chi si sia comportato in quel modo, e abbia mostrato un tale dispregio per il sistema rappresentativo, non è il meglio titolato a denunciare il pericolo di inflessioni autoritarie se in Parlamento non risuonano gli spropositi di quel che rimane del vaffanculo al potere.

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