Roma, 24 mag. (Adnkronos) - Occorre che gli inquirenti recuperino "la sobrieta' e la riservatezza" del proprio ruolo, che "non sono doti eccezionali ma costituiscono l'abc di un lavoro delicato e potenzialmente dannoso quale quello che svolgono". Cosi' la giunta dell'Unione Camere Penali, in merito alle indagini sull'attentato di Brindisi. Richiamando le parole del Garante della Privacy sul rispetto delle regole da parte di magistrati e giornalisti, i penalisti si dicono "convinti" della necessita' del rispetto sia "delle regole del codice che di quelle deontologiche, da parte di tutti coloro che abbiano a che fare con una indagine penale". E invece, sottolinea l'Ucpi, si e' assistito all'ormai "consueto collasso informativo causato dalla mancata tenuta del segreto di indagine". Il tutto, prosegue la nota, "sullo sfondo di un contrasto tra uffici di Procura neppure dissimulato". Di fronte a questi fatti, "da subito - si sottolinea - avremmo voluto intervenire, per denunciare quello che ormai abbiamo definito il 'pessimo spettacolo della giustizia spettacolo', offerto dai media ed utilizzato da inquirenti e magistrati. Ma poi abbiamo ritenuto di aspettare, soprattutto per rispetto di quel dolore forte, dei congiunti delle vittime e di una intera citta"'. L'Ucpi riferisce poi dell'impressione "devastante" che il contrasto tra gli uffici in punto di competenza sia risolto in base a "valutazioni non oggettive ma strumentali". Inoltre, dopo che a causa di tutto questo, "si e' arrivati a un passo dal linciaggio delle persone convocate in Questura come semplici testimoni", i penalisti osservano che "non e' la prima volta, e non interessa, che le persone di cui si parla non sono mai state neppure iscritte nel registro delle notizie di reato. E continuerebbe a non importare anche se in seguito le stesse persone fossero indagate".