Ocse, pensioni pubbliche hanno assorbito 15,7% Pil Italia
Roma, 1 dic. (Labitalia) - In Italia, le pensioni pubbliche hanno assorbito il 15,7% del Pil in media durante il periodo 2010-2015, il secondo valore più elevato tra i Paesi Ocse. E' quanto emerge dal rapporto Ocse 'Pensions at a Glance' presentato oggi a Roma dal direttore del Dipartimento per l'impiego, il lavoro e gli affari sociali dell'Ocse, Stefano Scarpetta. "La rapida transizione -ha spiegato- verso il sistema contributivo nazionale per tutti i lavoratori dal gennaio 2012, l'aumento dell'età del pensionamento e la sua equiparazione per uomini e donne permetteranno, secondo le proiezioni del gruppo di lavoro sull'invecchiamento dell'Unione europea di ridurre, all'orizzonte 2060, la spesa pubblica per pensioni di circa due punti di Pil, rispetto ad una riduzione media di 0,1% nell'Unione europea". Alcuni cambiamenti recenti, secondo l'Ocse, potrebbero però rallentare la riduzione della spesa pensionistica con un effetto negativo sulla sua sostenibilità finanziaria. A seguito alla decisione della Corte Costituzionale del maggio 2015, sono cominciati i rimborsi ai pensionati con pensioni di importo compreso a 3 e 6 volte il minimo che hanno subito delle perdite di reddito pensionistico derivanti dal blocco dell'indicizzazione nel 2012 e 2013. L'invecchiamento rapido della popolazione, il contesto di bassa crescita economica e le persistenti difficoltà sul mercato del lavoro esercitano un'ulteriore pressione sulle finanze del sistema pensionistico. Ad oggi, il sistema di previdenza sociale ha svolto, sempre secondo l'Ocse, un ruolo importante nel proteggere gli anziani dal rischio di povertà, assicurando loro delle buone condizioni di vita rispetto ad altri gruppi di età. Oggi in Italia, il 9,3% degli over 65 vive in situazione di povertà relativa. Le persone anziane hanno un reddito medio superiore al 95% di quello della media nazionale. Il passaggio ad un sistema di tipo contributivo nozionale è stato accompagnato dall'eliminazione della pensione integrata al minimo, lasciando unicamente una prestazione assistenziale come rete di sicurezza per i pensionati futuri. Il valore della rete di sicurezza è relativamente basso: gli individui senza contributi previdenziali riceveranno il 19% del salario medio rispetto al 22% in media nei Paesi Ocse. Una proporzione crescente di lavoratori è confrontato a periodi di disoccupazione o al lavoro part-time o precario. Data l'esistenza di uno stretto nesso tra contributi previdenziali e prestazioni pensionistiche, l'effetto di interruzioni contributive avrà un effetto più marcato sulle prestazioni pensionistiche del futuro, con un effetto negativo sull'adeguatezza dei redditi pensionistici e contribuendo possibilmente all'aumento della povertà degli anziani nel futuro. L'effetto di interruzioni di carriera e di ritardi nell'entrata sul mercato del lavoro, secondo il rapporto, potrebbe essere più elevato in Italia che nei Paesi Ocse in media. Nonostante la presenza di alcuni meccanismi che permettono di ridurre in parte l'effetto di carriere interrotte (come l'aumento dei coefficenti di trasformazione per le donne con figli e i contributi versati durante i periodi di disoccupazione) in Italia mancano degli ammortizzatori efficaci che proteggano la pensione dall'effetto di interruzione di carriera.