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E i terreni si rivalutanodel 5 per cento l'anno

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Investire nella terra è più vantaggioso che comperare oro, azioni o diamanti. Ad apprezzarsi di più sono i vigneti nelle zone di pregio e i seminativi nel Nord Est. Ma attenti alle fregature

Matteo Legnani
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La terra torna a far gola agli investitori. E non parliamo degli appezzamenti coltivati a vite nei territori più quotati d'Italia e Francia che possono raggiungere anche i valori stratosferici di un milione all'ettaro. Il mercato dei terreni «vitati»  (così si chiamano nel gergo agricolo) si è infiammato da parecchi anni. È la nuda terra che è stata riscoperta come  bene rifugio. Lo segnala, con un po' di preoccupazione in verità la Coldiretti, maggiore associazione di rappresentanza della categoria con oltre 500mila iscritti. Dal 1992 a oggi il valore dei terreni si è rivalutato in media del 60%, contro un tasso d'inflazione arrivato, nel medesimo periodo, al 58%. Dunque, chi avesse acquistato un appezzamento, ad esempio un seminativo, si troverebbe il capitale perfettamente intatto. Con alcune sorprese però. Se il terreno si dovesse trovare nel ricco Nordest la rivalutazione potrebbe essere arrivata in questi vent'anni addirittura al 98%, quindi con un guadagno al netto dell'inflazione superiore al 30%. Diverso il calcolo al Sud dove si rischierebbe di perderci in termini reali. Quel che vale per l'industria vale anche per il settore primario. Comunque, scegliendo bene l'appezzamento da comperare, si può facilmente portare a casa una rivalutazione nell'ordine del 5% l'anno.  Gli speculatori non abitano qui - E a sorpresa si aggiunge sorpresa. Anche nell'ultimo anno, mentre i mercati finanziari sono stati sconquassati dalla speculazione, condividendo una sorte assai grama con i debiti sovrani di Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia, la vecchia, cara, inossidabile terra ha continuato ad apprezzarsi. Il valore medio nazionale è salito dai 18.431 del 2010 agli attuali 19.400. Un risultato di tutto rilievo se si considera che nel medesimo lasso di tempo la nostra Borsa ha perso il 35,53%. Giusto per fare un po' di calcoli, se un risparmiatore avesse parcheggiato 1.000 euro a Piazza Affari, ora se ne troverebbe 650 mal contati. Al contrario se avesse acquistato un terreno con lo stesso importo scoprirebbe che ora ne vale 1.052 di euro. Nulla di sconvolgente, ma avrebbe ottenuto il risultato invidiabile di preservare il capitale (obiettivo assai difficile da raggiungere di questi tempi) e guadagnarci qualcosina. Naturalmente, come sempre accade, i valori medi nazionali nascondono differenze molto marcate fra un'area e l'altra del Paese e fra zone montuose, collinari  e pianeggianti. Se il costo medio per ettaro è di 19.400 euro, la forchetta va dai 9.800 per un campo di montagna litoranea (i dati sono sempre della Coldiretti) ai 32.200 dei terreni di pianura. Passando per i 14.200 euro ad ettaro nelle colline interne e i 15.000 delle colline sui litorali. I pascoli di Catanzaro - Le variazioni sono particolarmente accentuate anche scomponendo il dato nazionale per macroaree. I terreni nel Nord Italia, ad esempio, valgono ora 40.000 euro all'ettaro, cifra che scende anche a 12mila  nel Mezzogiorno e addirittura a 9.000 nelle zone meno accessibili e crolla a 1.000 per i pascoli in provincia di Catanzaro. Un range dunque molto ampio, tale da indurre chiunque, anche l'investitore meno accorto, alla massima cautela. Per i terreni non esiste l'equivalente della Borsa, il loro valore è sempre frutto di una stima, una valutazione: per quanto possa essere oggettiva e affidata a veri esperti, sarà pur sempre soggetta a variazioni molto ampie in relazione a numerosi fattori. Non ultimo la destinazione d'uso e dunque la resa che i coltivatori possono ottenere arandoli e seminandoli. Un mercato anticiclico - La tendenza, comunque, va verso un apprezzamento continuo, senza flessioni. Ed è questo, probabilmente, a rendere interessante l'investimento in terreni nel medio-lungo termine. Il mercato fondiario segue un andamento anticiclico e si dimostra del tutto immune tanto agli scrolloni registrati sui mercati finanziari quanto al trend economico. Merito anche della domanda di beni e prodotti agricoli che in barba alle previsioni dell'Unione europea si va ampliando a livello mondiale. Secondo la Fao, per soddisfare la richiesta di cibo i Paesi avanzati dovranno aumentare la loro capacità produttiva attuale ben oltre il 30%. Quindi è probabile che in un lasso di tempo ragionevole, l'apprezzamento dei terreni risulti accelerato rispetto agli ultimi vent'anni. Anche senza contare l'apporto dato alle quotazioni in questi ultimi anni dalla domanda generata per il solare e l'eolico. Le tenute della Regina - Ci sono poi i casi di territori particolarmente pregiati il cui valore si sta già rivalutando con aumenti percentuali a doppia cifra. Clamoroso quello delle tenute inglesi controllate dalla Crown Estate, la società che gestisce i beni immobiliari della regina Elisabetta: in un solo anno la redditività dei terreni posseduti dai Windsor è cresciuta del 19,5%. Cifre da far invidia agli investimenti in diamanti (sempre per rimanere nell'ambito dei beni rifugio) che nell'anno chiusosi al 31 marzo scorso hanno fruttato «appena» il 7,4%.  Vigneti doc a peso d'oro - Un altro caso pressoché unico  riguarda i vigneti della Champagne, in Francia, in cui il valore per ettaro è schizzato addirittura oltre il milione di euro. Nulla a che vedere con le quotazioni che si pagano da noi dove la medesima superficie - se si eccettuano le grandi etichette - va da 35mila a 47mila euro. Pur con valori in  crescita negli ultimi anni. Ma si tratta di un trend destinato a invertirsi presto. La paventata liberalizzazione dei diritti d'impianto per le viti decisa dall'Unione europea, se non sarà temperata da vincoli sui vitigni Doc, rischia di far precipitare terreni e bottiglie. di Attilio Barbieri

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