Tutte le critiche alle nomine di Renzi: donne senza potere, il manuale Cencelli, sempre gli stessi nomi
Rappresentanza senza potere. E' questa la critica maggiore alla rivoluzione in rosa di Matteo Renzi per quanto riguarda i vertici delle partecipate dello Stato. Perché sì, è vero che ora c'è Emma Marcegaglia all'Eni, Luisa Todini alle Poste, Patrizia Grieco all'Italgas e Carla Bastioli a Terna, ma il loro ruolo sarà quello di Presidente che ha molto, molto potere in confronto a quello dell'Amministratore delegato che invece è stato affidato a dei signori. Cercasi manager disperatamente - Non solo. I nomi sono sempre gli stessi. "La triste verità", fa notare Sergio Rizzo, "e lo confermano le scelte degli amministratori esecutivi è la generale povertà della nostra classe manageriale". "Ogni ricambio", continua l'editorialista del Corsera, "si rivela smpre estremamente difficile: nelle imprese pubbliche poi assume spesso di una missione impossibile. Le scuole manageriali, quale per esempio era l'Iri, sono chiuse da un pezzo. E in quelle della pubblica amministrazione la direzione aziendale non è materia d'insegnamento. I manager giovani e di valore preferiscono l'estero il privato e non sono attirati da incarichi pubblici nei quali rischiano di subire i condizionamenti politici e delle lobby. Prova ne siano i rifiuti che Renzi ha dovuto incassare". "Voleva manager internazionali formatisi nel mondo globale, magari leader di aziende americane", rivela nel retroscena di Repubblica Roberto Mania. "Non è riuscito a trovarli ricevendo qualche clamoroso rifiuto (Vittorio Colao, ad di Vodafone) e i preventivi 'no grazie' da un paio di quarantenni molto corteggiati (Andrea Guerra di Luxottica, oritagonista dell'ultima Leopolda renziana e Lorenzo Simonelli di General Electric Oil Gas che ha preferito restare nella multinazionale americana dove ha fatto una carriera strepitosa). Il manuale Cencelli - Altra critica piovuta addosso al premier è quella di aver attinto a mani basse nella sua cerchia di amici e finanziatori, nonché di aver usato il manuale Cencelli per spartire le poltrone. "I nomi per i cda sono scelti con grande cura", scrive Stefano Feltri nel suo editoriale sul Fatto quotidiano. "Di quasi tutti è facile ricostruire la casacca politica e il grado di fedeltà renziana, più oscuri i meriti di curriculum". Da parte sua Marcello Sorgi, sulla Stampa, fa notare che le quote rosa delle aziende di Stato profumano di larghe intese. "Luisa Todini e Emma Marcegaglia non sono certo sgradite al centro destra e questo spiega perché nei corridoi di Montecitorio l'interpretazione corrente è stata quella di un viatico alla ripresa di rapporti tra Renzi e Berlusconi celebrata a tarda sera tra i due leader".