Legge di stabilità, Renzi spara una manovra senza testo né coperture. E dall'Ue voci di possibile bocciatura
Alle ore 21 di ieri sera per la prima volta a meno di due giorni dall'atteso varo in consiglio dei ministri non circolava nei palazzi della politica romana nemmeno la più pallida bozza di legge di Stabilità per il 2015. Il motivo è semplice: il testo proprio non c'era. Ancora ieri si stavano svolgendo nei ministeri riunioni tecnico-politiche per le proposte da inviare a palazzo Chigi e al ministero dell'Economia, nella speranza che fossero accolte in un documento ancora da scrivere. Voce da Bruxelles: possibile bocciatura sulla manovra Il caos totale, l'assenza di un lungo lavoro preparatorio, la mancanza di un vaglio tecnico che possa riparare da cattive sorprese future non sono una particolare novità: è il modo di governare di Matteo Renzi. Decide tutto lui, comunica quando ha voglia ai suoi colleghi di governo, poi i fedelissimi debbono mettere nero su bianco ogni cosa nella speranza di interpretarne al meglio i desideri. Quasi tutti i provvedimenti finora varati sono stati scritti in realtà dopo il Consiglio dei ministri che formalmente li aveva approvati (sempre in bianco o sul «si dice che...»). La legge di stabilità 2015 però non può costituzionalmente seguire questo percorso: entro la sera del 15 ottobre dovrà essere inviata alla Commissione europea, che non ha un potere consultivo sul testo, ma molto concreto: lo approva o lo boccia, e in questo caso sarebbe tutto da rifare. Con una tecnica consumata Renzi ha già messo le mani avanti. Domenica ha incontrato il suo ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, e ha discusso con lui le linee guida di quel testo. Ieri ha fatto che annunciare tutto davanti a una platea di imprenditori, mettendo ministri e colleghi con le spalle al muro. Il premier ha fornito le cifre della manovra: 30 miliardi in tutto, e non sono pochi. Poi ha fatto una lunga lista dei regali agli italiani che dovrebbero esserci dentro: 18 miliardi di riduzione delle tasse, per la maggiore parte dovuti al prolungamento degli interventi fiscali che erano contenuti nel cosiddetto decreto 80 euro dell'aprile scorso. Secondo l'annuncio di Renzi quindi ci saranno altri 10 miliardi (nel 2015, non si sa se sono coperti anche per gli successivi) per prolungare la misura degli 80 euro. Se la cifra è quella, quindi non verrà esteso a una platea più larga di quella che già ne ha beneficiato. Poi ci saranno 6,5 miliardi di sconto Irap, più largo quindi di quello operato nel 2014. Non è spiegato però che tipo di sconto sia, e molti ipotizzano che si tratti di una deducibilità estesa dall'Ires. Poi ci sarebbero 500 milioni di detrazioni ulteriori per le famiglie (la cifra è molto bassa, quindi può riguardare solo confini molto ristretti) e un miliardo a disposizione delle aziende sotto forma di sgravio contributivo triennale per le nuove assunzioni. Anche in questo caso però non è chiaro se la cifra sia annuale (quindi un miliardo all'anno per tre anni), o se spalmata nell'arco del triennio (quindi circa 330 milioni di euro l'anno). Poi ci sarebbe un miliardo per gli investimenti dei Comuni, uno per dare il buono scuola alle famiglie italiane, uno per la proroga dell'eco bonus sulle ristrutturazioni, 900 milioni per sbloccare gli aumenti contrattuali dovuti alle forze dell'ordine, 3 miliardi per evitare il taglio delle detrazioni che scatterebbe da gennaio in base alla legge di stabilità dell'anno scorso e altri 5-6 miliardi per finanziare spese non rinviabili (dalle missioni militari in poi). Il conto della spesa sarebbe appunto di 30 miliardi. Ma non è che ci sia grande chiarezza sulle coperture: 16 miliardi verrebbero dalla spending review, in gran parte a carico degli enti locali (i ministeri hanno fatto proposte per 3 miliardi, Renzi vorrebbe almeno il 50% in più). Per circa 11 miliardi di euro la spesa sarebbe finanziata in deficit, ed è un punto assai critico ai fini del via libera Ue. Anche così però mancherebbero 3 miliardi di euro, che dovrebbero venire da provvedimenti di recupero dell'evasione. Di certo vengono dal fisco, e palazzo Chigi esclude che possano venire da condoni fiscali più o meno mascherati (come il ventilato ravvedimento operoso, che sarebbe proposta degli uffici tecnici del Mef). Al momento quindi è buio profondo. E in quelle ombre è sempre in agguato qualsiasi amaro scherzetto alle tasche degli italiani. di Franco Bechis