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La flat tax di Salvini costa meno degli 80 euro

Nicoletta Orlandi Posti
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Flat tax al 15% per tutti, contribuenti ed aziende. E un'unica deduzione di 3mila euro, fissa, per ogni contribuente. Eccola in due parole la rivoluzione fiscale della tassa piatta, unica, propagandata da Matteo Salvini e spiegata ieri a Milano dall'americano Alvin Rabushka, economista dell'università di Stanford, e da Armando Siri del Partito Italia nuova. Detta così sembra un paradiso. La Lega spiega bene gli effetti positivi: «Paghiamo tutti, paghiamo meno» è il motto. In effetti le imprese avrebbero una drastica riduzione del peso tributario e potrebbero essere quindi più concorrenziali: un meccanismo che è sinonimo di più posti di lavoro. Altro che Jobs Act. Si incentiverebbe la ripresa produttiva e dei consumi, con un'ulteriore crescita delle entrate Iva. Ma anche la burocrazia farebbe la fame con la flat tax: meno costi per le dichiarazioni dei redditi (non sarebbe difficile fare i conti) e meno costi per dare la caccia gli evasori. Ultimo sollievo per le imprese sarebbe - secondo la proposta del Carroccio - l'abolizione della trattenuta alla fonte: in busta paga ci sarebbe il lordo, per cui stop alle rotture di scatole per tutti i sostituti d'imposta. Gli effetti negativi - Visti gli effetti positivi, perché lo Stato italiano non ha ancora adottato la flat tax? Beh, ci sono anche effetti negativi. Al di là degli esempi propugnati dalla Lega, chiaramente positivi, c'è da dire che un cristo che dichiara 9mila euro l'anno, cioè un pensionato da 700 euro al mese, con nessuno a carico, pagherebbe 900 euro di Irpef al posto delle attuali 350. Certo un single che fa sapere al fisco di guadagnare 60mila euro all'anno, invece di incamerare quasi 3mila netti, ne porterà a casa mille in più. Al mese. I critici insomma sosterranno che la flat tax aumenta la disuguaglianza sociale, ma - è brutto da dire - il meno abbiente non fa girare l'economia, semmai questa riforma fiscale potrebbe ricreare la classe media, che invece sta scomparendo perché sempre più povera con questo sistema progressivo e distruttivo della ricchezza creata. La svolta - La domanda delle domande però è un'altra. Lo Stato potrebbe sopportare una svolta epocale del genere? Secondo un articolo de lavoce.info l'Italia ci smenerebbe 100 miliardi l'anno. Peccato che al calcolo manchino delle voci, cioè le detrazioni e le deduzioni sulle persone fisiche. Seguiamo però i calcoli de lavoce.info: ogni anno l'imponibile Irpef è di 800 miliardo e, vista la media delle dichiarazioni dei redditi, l'incasso Irpef è di 163 miliardi. Il fatturato dichiarato dalle società è invece pari a 155 miliardi, quindi visto che l'Ires è fissata al 27,5% il gettito è di 40 miliardi. Lo Stato insomma porta a casa circa 200 miliardi annui. Vediamo ora la proposta leghista sull'Irpef: innanzitutto c'è una deduzione di 3mila euro per ogni abitante, 180 miliardi, per cui il calcolo si dovrà fare su 620 miliardi (800 di imponibile meno 180 appunto): allo Stato con la flat tax andrebbero 93 miliardi. E qua il buco è di 63 miliardi. Passiamo all'Ires: con l'aliquota al 20 al posto che 27,5 per cento la perdita di gettito sarebbe di altri 17 miliardi. Insomma la voragine nelle casse dello Stato ammonterebbe a 126 miliardi. I conti - Tralasciamo per un attimo i benefici sul Pil (un punto di tasse in meno vale lo 0,72% del Pil in tre anni)... Restiamo ai numeri: con la flat tax non ci sarebbero più sgravi su lavoro e pensioni, quindi circa 60 miliardi di spesa in meno. Ed ecco che il buco scende a 66. Con meno incentivi a evadere e pene più severe per i furbetti («evasori in galera e buttiamo la chiave», dice Salvini), potrebbe riemergere un terzo dell'imponibile non dichiarato. Altri 15 miliardi. Siamo a 50 miliardi. Ma se togliamo 23,6 miliardi di agevolazioni sulle imposte dirette alle imprese e 21 miliardi delle detrazioni (quelle del 19%), quasi quasi lo Stato ci guadagna. Per dare gli 80 euro e nemmeno a tutti Renzi ha speso 10 miliardi. Per niente. di GIULIANO ZULIN

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