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Il patto salva euro tra Draghi e la Merkel

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Ignazio Stagno
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Mario Draghi non ha perso tempo. Già ieri, 2 gennaio, il presidente della Bce ha lanciato la sua sfida, scegliendo con cura il palcoscenico: un'intervista a tre firme di Handelsblatt, il giornale finanziario tedesco, ricevute al 40° piano della nuova sede della Bce per rilanciare le domande scelte da 294 lettori. E per l'occasione non ha certo risparmiato le novità. Herr Draghi, che tra l'altro si è tirato fuori dalla corsa per il Quirinale, ha sottolineato che il rischio che l'Eurotower non possa adempiere «al suo mandato di assicurare la stabilità dei prezzi è oggi più alto di sei mesi fa». Perciò la Bce «si sta preparando a livello tecnico per modificare all'inizio del 2015 l'ampiezza, il ritmo e le caratteristiche dei mezzi a cui ricorrere qualora fosse necessario per rispondere ad un periodo di bassa inflazione eccessivamente prolungato». IL PROGRAMMA Insomma, avanti tutta verso il Quantitative Easing. Magari a tappe, per far digerire all'opinione pubblica del Nord Europa la novità, contro cui si è già scatenata una furibonda campagna stampa. Ma comunque non ci si ferma più. Almeno così la pensano i mercati finanziari che ieri hanno compresso l'euro fino a 1,2022 sul dollaro, ai minimi da quattro anni. Intanto, non a caso sui listini azionari gli unici rialzi riguardano Milano e Madrid che, tra l'altro, celebra un traguardo storico, assolutamente impensabile solo pochi mesi fa: lo spread tra i titoli spagnoli ed il Bund tedesco è sceso sotto i 100 punti (125 rispetto ai Btp). Ma la partita che Mario Draghi si accinge a giocare va assai al di là delle decisioni che la banca centrale dovrà prendere il 22 gennaio o, al più il 5 marzo. In gioco, infatti, c'è molto di più dello stesso Quantitative Easing. «I cittadini - dice - pagano qui tra il 45 ed il 55 per cento del loro reddito allo Stato, E questo si confronta con il 35 per cento negli Stati Uniti e il 33 del Giappone. Se non risolviamo il problema del fisco e della burocrazia, la nostra crescita è destinata a rimanere debole». Perciò, avanti con il consolidamento dei bilanci, ma «le tasse vanno ridotte». Non è un programma da banchiere centrale, bensì da uomo politico. Soprattutto di questi tempi, alla vigilia di un anno ricco di appuntamenti elettorali. La prossima riunione della Bce si terrà tre giorni prima delle elezioni greche da cui potrebbe uscire una maggioranza decisa a ridiscutere gli accordi raggiunti con la trojka. Delle due l'una: o Draghi, come pare, tirerà dritto ma così facendo scatenerà forti opposizioni nell'Europa anseatica (Olanda, Germania, Finlandia), la più sensibile al richiamo della Bundesbank. Ma se eviterà di prendere una decisione «forte», rinviando gli acquisti dei titoli dei Paesi sotto stress, buona parte dell'Eurozona finirà in deflazione e, quel che è peggio, la Bce perderà credibilità. NUOVE REGOLE Un bel dilemma, «soprattutto per un italiano» nota il giornale tedesco che giudica Draghi un «quasi prussiano» suscitando la stizzita e sacrosanta reazione del banchiere («il senso del dovere non è una caratteristica esclusiva dei tedeschi»). Ma l'intervista dimostra che Draghi ha già scelto, a ragion veduta. Perché il QE sia efficace, è la sua tesi, l'Europa deve fare un salto in avanti: ci vuole una combinazione di riforme politiche e iniziative monetarie. Ma per ottenere questo occorre una revisione politica del Trattato costitutivo della Ue: regole del lavoro, concorrenza, meno burocrazia e politica fiscale vanno affidate ad istituzioni comuni. I singoli Paesi dovranno sacrificare una parte della loro autonomia ma, in cambio, avranno più forza per fronteggiare la recessione in casa propria. Un'utopia? Forse, ma assomiglia da vicino al piano Merkel. Perché è il cancelliere di Berlino, consapevole dei problemi tedeschi, che da tempo ha deciso che occorre un salto di qualità per far uscire l'Europa dal cul de sac tra rigoristi e marea populista in ascesa. E frau Merkel sa che Mario Draghi è l'alleato più prezioso in questa sfida: toccherà a lei frenare l'ira tedesca. Il banchiere italiano deve evitare i colpi di testa degli spiriti mediterranei. di Ugo Bertone

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