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Libero, l'inchiesta sui papponi delle pensioni: chi sono gli ex parlamentari con il vitalizio d'oro

Giulio Bucchi
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Parte l'inchiesta di Libero sui papponi delle pensioni. Il campione in assoluto è Stefano Rodotà. Nelle casse del Parlamento sono stati versati a suo nome 241.610 euro. Scattato il diritto al vitalizio,  ha ricevuto poco meno di 1,2 milioni di euro: la differenza è di 938.810. Come lui Giuliano Amato.   Ma sono tanti gli ex onorevoli che da quando hanno lasciato il Parlamento strappano un assegno mensile ricchissimo, da 2, 3, 4, 5 o anche seimila euro per tutto il resto della vita. Basta un breve passaggio a Montecitorio o Palazzo Madama per assicurarsi una pensione agiatissima. Il meccanismo perverso lo spiega Franco Bechis su Libero in edicola oggi, venerdì 15 maggio. E c'è l'appello del direttore Maurizio Belpietro ad eliminare questi privilegi.  Il trucchetto - Questa schiera di fortunati "di fatto non ha versato nulla, perché stabilendo l'ammontare dello stipendio da parlamentare ci hanno pensato Camera e Senato a versare i contributi per loro conto. Ma non c'è paragone fra quel piccolo impegno (8,8% del lordo mensile) e quel che è venuto in tasca a loro dal giorno in cui hanno potuto percepire il vitalizio. Oggi vitalizio o mini-vitalizio si percepisce con 5 anni di contributi a 65 anni. Ma se hai 6 anni di contributi, la pacchia inizia a 64, se ne hai 7 puoi prendere l'assegno previdenziale a 63, e così via fino a 10 anni di contributi, con cui puoi andartene in pensione a 60 anni in barba a tutti gli altri lavoratori d'Italia che a quella età non possono incrociare le braccia né con 10, né con 15, né con 20, 25 o 30 anni di lavoro".  I nomi e le cifre dei "papponi delle pensioni" su Libero in edicola oggi

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