Pensioni, lo scontro tra Renzi e Padoan e quella voce dal ministero: "Occhio, perché a giugno sarà pioggia di ricorsi. Ci rovineranno"
C'è una ragione dietro al tira-e-molla sulle pensioni tra Matteo Renzi e il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan. Il premier, alla vigilia delle elezioni regionali che rappresentano il bivio del suo governo, è interessato a depotenziare la grana della sentenza della Consulta che ha bocciato il blocco della rivalutazione degli assegni stabilito nel 2012 dal governo Monti. "Restituiremo una parte di quei soldi", ha avvertito Renzi, che per un certo periodo ha pensato anche allo slittamento della pratica dopo settembre. Padoan, però, vuole chiudere tutto e subito, sfruttando le congiunture economiche positive (piccola ripresa del Pil, prezzo del petrolio ai minimi, quantitative easing di Draghi) anche per rassicurare Unione europea e agenzie di rating, preoccupate da una falla di decine di milioni di euro nei conti italiani. Il rischio di nuovi ricorsi - Soprattutto, però, c'è una questione di tempi: bisogna intervenire subito con decreto, perché, spiega il Corriere della Sera citando fonti riservatissime dal Ministero di Economia e Finanza, c'è il concreto rischio che "qualsiasi pensionato incassando la prima pensione dopo la sentenza della Consulta potrebbe sentirsi in diritto di fare ricorso perché la stessa non ha avuto applicazione". L'incubo infatti è noto: la sentenza della Corte si riferisce agli anni 2012 e 2013, ma cosa accadrà se il governo sarà costretto da un tribunale ad adeguare anche gli assegni del 2014, del 2015 e quelli futuri?