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Crac Popolare Vicenza, così i vertici hanno nascosto i loro beni per non darli ai risparmiatori truffati

Giulio Bucchi
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La vergogna nascosta dietro le truffe ai risparmiatori. I membri del CdA di Popolare Vicenza, proprio mentre le inchieste stavano facendo emergere il crac dell'istituto, hanno cercato di occultare in qualsiasi modo i propri beni per evitare che potessero venire usati come risarcimento per i truffati. Trasferimenti di proprietà, donazioni, spostamenti di immobili e quote in fondi patrimoniali, spiega il Corriere della Sera: tra il 2015 e il 2017 i vertici dell'istituto vicentino guidato da Gianni Zonin hanno cercato di occultare tutto, presi dal panico per le perquisizioni e i sequestri ordinati dai magistrati. Una corsa contro il tempo che però potrebbe non essere servita loro. Secondo le carte in possesso del Corsera, il 4 dicembre 2015 il consigliere Marino Breganze dopo essersi disfatto delle abitazioni che possiede a Verona ha venduto con due rogiti distinti tutti i terreni dei quali era proprietario nella stessa provincia. Il 23 tocca al suo collega Andrea Monorchio, che ha donato ai figli i beni che possiede a Roma. L'11 dicembre Gianfranco Pavan vende un immobile alla Usl di Vicenza. Il 1 gennaio 2016 è Zonin a donare al figlio una parte dei beni con diritto di abitazione, mentre il 13 maggio cede la restante parte alla consorte. Il più scaltro e protetto è Giovanni Dossena, che già nel 2013 fece confluire i propri beni in un fondo patrimoniale costituito nel 2002. Il 16 marzo Maria Carla Macola dona le proprietà che ha a Belluno e con due rogiti dona ai figli gli appartamenti che possiede a Padova riservandosi il diritto di abitazione. E così via, per altri casi. Resta un dubbio: perché in tutti questi mesi i tre liquidatori Viola, Ferrario e Di Cecco non hanno chiesto il sequestro cautelativo dei beni dei 32 amministratori di Vicenza già citati per mala gestione? E ancora, perché il governo e il ministero dell'Economia, che ha nominato i tre liquidatori, hanno fatto finta di nulla?

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