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Federolio, segmentare olio extravergine certificando filiera

AdnKronos
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Roma, 28 giu. (Labitalia) - Incremento della produzione nazionale di extravergine, attraverso la razionalizzazione della coltivazione degli oliveti tradizionali, il rinnovamento degli impianti e l'introduzione di nuovi sistemi colturali capaci di conciliare sostenibilità ambientale ed economica. Ancora, iniziative di valorizzazione del made in Italy e più in generale di classi merceologiche di qualità superiore certificate dell'extravergine, sostegno all'aggregazione e organizzazione economica degli operatori della filiera. Questi alcuni dei temi sui quali è ruotato il dibattito 'Filo d'olio, segmentare per crescere: nuove prospettive di consumo e di offerta', promosso da Federolio e svoltosi questa mattina, a Roma, a Palazzo Rospigliosi. Da anni, ormai, infatti, il settore oleario italiano versa in una situazione di stallo, avviluppandosi su questioni ormai storiche che vanno da una quantità di produzione nazionale non in grado di soddisfare il fabbisogno, alla mancanza di 'sistema' tra i diversi attori della filiera - dalla produzione alla trasformazione, all'imbottigliamento, alla distribuzione e vendita - e alla forte pressione promozionale a cui l'extravergine è sottoposto nella grande distribuzione organizzata, che non aiuta il consumatore a capire che tipo di prodotto che sta acquistando. Per questo, Federolio, Coldiretti e Unaprol hanno deciso di lavorare insieme per dar vita a una vera rivoluzione del settore capace di offrire al consumatore un prodotto sempre più rispondente alle sue specifiche aspettative e bisogni, le cui caratteristiche distintive siano facilmente riconoscibili e comprensibili nell'ambito dell'offerta dell'extravergine. Secondo Francesco Tabano, presidente di Federolio, “il primo intervento riguarda una reale segmentazione del prodotto, che all'interno della categoria extravergine presenta oli con caratteristiche molto diverse tra loro e una conseguente forbice di prezzo che varia tra i 4 e 50 euro al litro o più". "Per aiutare il consumatore a scegliere il prodotto più adatto alle sue esigenze, al suo gusto e alla sua capacità di spesa, dovrà arrivare sul mercato un olio certificato, con una tracciabilità assicurata di tutta la filiera e caratteristiche organolettiche e chimico-fisiche ben individuate. Un olio dalla cui etichetta il consumatore evinca in maniera chiara la 'promessa' del prodotto stesso”, ha aggiunto. L'Italia gode ancora di un forte prestigio internazionale sulla qualità del suo extravergine, che è oggi in calo - è stato osservato durante il dibattito - per le tristi vicende produttive interne e per la crescita inarrestabile, qualitativa e quantitativa, del nostro principale concorrente, la Spagna. La soluzione - è stato osservato - passa attraverso una strategia a doppio pedale, dove nel pieno rispetto della trasparenza e della chiarezza, trovino spazio due tipologie di extravergini, uno italiano di alta qualità, nuovo nei valori e nelle modalità di distribuzione e consumo, in grado di rafforzare il primato italiano e una selezione più ampia di blend costruiti intorno a un olio e a una reputazione di uno standard italiano, in attesa dell'auspicata crescita della produzione interna. Nel portare il proprio contributo al dibattito, il Ceq-Consorzio extra vergine di qualità ha ricordato come “garantire e promuovere un extra vergine italiano di fascia alta è l'ambizione del Consorzio Ceq da molti anni: un progetto che oggi si arricchisce anche del prezioso supporto di Federolio, convinti ormai che, come paese produttore tradizionale, abbiamo l'interesse di scrivere pagine nuove sull'extravergine, per riaffermare una leadership anche sul piano culturale, che faccia leva possibilmente su un'innovazione radicale". "La costruzione del nuovo concept di extravergine italiano di alta qualità - ha spiegato - è l'unico obiettivo che il Consorzio Ceq intende perseguire nei prossimi anni e per il quale ha messo a punto un suo marchio di garanzia. Si tratta di un'operazione - ha sottolineato - dove ciascun operatore avrà una parte del merito e delle responsabilità, dal produttore allo stesso distributore e ristoratore, perché la sfida è quella di portare in tavola un extra vergine ad alto valore nutrizionale, con un patrimonio di profumi e di fragranze integre anche a dodici mesi dal suo confezionamento”.

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