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Fiat Chrysler, il tracollo in Borsa e la grande paura: dopo Marchionne, cosa non convince gli analisti

Giulio Bucchi
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Dopo il tracollo e il -15% in Borsa, il titolo di Fca a Piazza Affari è in rimbalzo, con un lento recupero. Ma restano i timori degli analisti per il futuro dell'azienda, sospesa tra Torino e Detroit. Non ha convinto, anzi ha deluso profondamente l'aver rivisto al ribasso gli obiettivi di vendita del 2018, il calo degli utili rispetto al secondo trimestre 2017. Ma soprattutto preoccupa quello che accadrà nei prossimi mesi e soprattutto Mike Manley: lui, l'uomo scelto da John Elkann per sostituire Sergio Marchionne alla guida del colosso globale, sarà adeguato? Leggi anche: Dago-bomba, perché Elkann ha fatto fuori l'uomo di Marchionne La prima risposta sembra negativa: gli analisti hanno giudicato la sua "presentazione ufficiale", mercoledì mattina in un clima funereo, non all'altezza, un po' troppo prudente, sicuramente poco trascinante. In una parola, Manley è grigio e burocratico, un po' come i vecchi manager di casa Fiat spazzati via 14 anni fa dall'irruenza del genio italo-canadese. Non è solo però questione di temperamento: in gioco ci sarà una partita enorme, una nuova alleanza dopo quella tra Fiat e Chrysler. Marchionne è stato giudicato all'unanimità uno dei più grandi negoziatori degli ultimi decenni, Manley in questo senso è una incognita totale. All'orizzonte dunque c'è una nuova fusione strategica (sul piatto le ipotesi Hyundai, Ford, Volkswagen, GM), da scegliere con attenzione estrema perché da quella dipenderà il futuro del gruppo. Senza contare poi l'innovazione tecnologica (motori ibridi, guida autonoma) che ne determineranno le fortune commerciali nei prossimi 10 anni. Marchionne ha lasciato un gruppo senza debiti e con visione, ora servirà qualcuno in grado di portarne avanti l'eredità.

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