Alessandro Profumo, la ricetta del manager per l'Italia: "Farsi rispettare e non mollare"
«Io appartengo al partito della montagna di letame. Tu quando ce l' hai davanti comincia a spalare senza preoccuparti di quanto è alta e a un certo punto ti accorgerai di avere già la metà dietro le spalle. Allora insisti, e l' orizzonte diventerà del tutto sgombro». È la ricetta economica, e di vita, di Alessandro Profumo, da poco più di un anno alla guida di Leonardo, la ex Finmeccanica, principale realtà industriale del Paese, con un fatturato di 11,5 miliardi di euro e 45mila dipendenti nel mondo, 30mila dei quali in Italia, un colosso planetario della difesa e della sicurezza. La regola Profumo vale per l' interessato ma potrebbe essere estesa all' Italia. «Abbiamo presentato a gennaio un piano industriale ambizioso, che prevede una crescita del 6%. Come saprà, non è stato apprezzato dal mercato. Certo, se avessi deciso di tagliare i costi e licenziare, il nostro titolo avrebbe performance migliori, ma io sono qui a creare occupazione sana e ricavi per gli azionisti, non a speculare, per questo ho varato un progetto fortemente esposto sugli investimenti e lo sviluppo. In ricerca spendiamo il 15% del nostro fatturato». Se l' investimento per lei è la chiave del successo, suppongo che condividerà l' idea del governo di indebitarsi per investire? «Non sono un politico, grazie a Dio. Parlo per linee generali. Credo che oggi in Italia l' ossessione di tutti, dal governo agli imprenditori, a qualsiasi lavoratore, debba essere aumentare la crescita. Va recuperato lo spirito che avevano i nostri padri nel Dopoguerra. Io l' ossessione della crescita ce l' ho». Leggi anche: Alexander Gauland a Pietro Senaldi: "Euro, immigrati e Merkel ammazzeranno l'Europa" Come pensa di crescere? «Lavoro incessantemente per aumentare il fatturato del 6% e non è che abbia trovato l' eldorado quando sono arrivato. Qui sbatacchio tutti dalla mattina presto fino a sera tardi, glielo garantisco. È il nostro dovere, verso noi stessi e il Paese: il segreto è fare prodotti eccellenti, aumentare la rete commerciale, ed eccellere nell' assistenza al cliente. Sono il capo di Leonardo, sono una figura istituzionale e me ne prendo tutte le responsabilità». Torniamo all' Italia «Sì, guardiamo i numeri. Da anni abbiamo il surplus primario più alto di tutti: se dovessimo pagare meno interessi sul nostro altissimo debito pubblico non avremmo deficit e lo Stato incasserebbe più di quanto spende. Ritengo ardito pensare di poter risparmiare ancora o di alzare le entrate fiscali. L' unica via per spalare la montagna è crescere, e il solo modo che conosco per farlo è investire, ovviamente in qualità». Lei gira il mondo, è stato un banchiere, è un uomo di numeri e relazioni: l' Europa a ottobre ci consentirà di sforare i parametri per investire? «Penso proprio di no. Noi all' estero siamo amati e odiati. Ci apprezzano per la nostra flessibilità, per l' empatia, per la qualità dei nostri prodotti e per la nostra industria, che è la terza della Ue. Però sono spaventati dal volume del nostro debito, perché se andassimo a gambe all' aria, si innescherebbe una crisi planetaria, non sarebbe un problema solo nostro. L' essenziale è riuscire a convincere i mercati e la Ue che ogni scelta che facciamo avrà un impatto positivo sulla crescita. Se la torta aumenta, stanno meglio tutti, specie se la si spartisce in modo adeguato, però la torta dev' esserci: questa è la regola che tutti capiscono». L' Italia può tornare sotto attacco da parte dei mercati? «Il rischio esiste. Io non amo l' espressione compiti a casa, però non bisogna sbagliare le mosse: scegliere bene dove investire e come riallocare la spesa pubblica, la cui qualità va migliorata». L' attuale debolezza della Ue è un vantaggio per la trattativa? «Non direi così. L' Italia in questo momento ha una grande opportunità perché l' Europa sta cercando di ridarsi un' identità e la crisi istituzionale della Ue ci fornisce l' occasione per essere incisivi nel condizionarne il cambiamento. Noi, come terza potenza, possiamo avere un peso rilevante. Il terzo è sempre l' ago della bilancia». Lei è europeista o sovranista? «Io sono europeista, ma non sono due concetti in contraddizione se per sovranismo si intende avere a cuore gli interessi nazionali. La Ue è un' istituzione importante per ogni singolo Paese che ne fa parte. Nessuno Stato europeo può confrontarsi da solo con gli Stati Uniti o la Cina. Nel mio settore poi, è chiaro che la difesa e l' innovazione o saranno europei o non esisteranno: il nuovo carrarmato o il nuovo aereo fighter o sarà europeo o non potrà nascere; e questo è un vantaggio per i cittadini, perché aumenta l' efficienza della spesa e l' efficacia della difesa. Però è anche importante che in questo consesso l' Italia rivendichi il proprio ruolo e i propri interessi nazionali. A volte tenere il punto è efficace. Io nel lavoro l' ho fatto e anche per questo sono qui». Lei mi chiama l' aneddoto «Avevo un capo al Banco Lariano che urlava sempre con tutti. Quando arrivò il mio turno, io gli dissi: "Tu avrai anche ragione, ma io sono un metro più alto di te" Quando mi dimisi, piangeva dal dispiacere». Arrogance «Sì, dicono che sono arrogante, ma non penso sia vero: sono solo diretto e si capisce subito quando uno non mi sta simpatico. Il primo a darmi dell' arrogante fu un mio collega più di 30 anni fa, ma lui lo usava in modo opportunistico, per indebolirmi». L' opposizione, mediatica e politica, spesso parla di una nuova deriva antidemocratica in Italia: lei avverte questo pregiudizio nei nostri confronti all' estero? «All' estero non ho nessun sentore in tal senso, non vedo questo timore. Non sta a me dare giudizi politici ma quello che io oggi percepisco è che siamo un Paese estremamente rispettato da tutti e che ha molteplici meccanismi istituzionali che funzionano». In che modo Leonardo può dare una mano all' Italia? «All' estero se l' Italia siede a certi tavoli è anche perché, con Leonardo, presidia posizioni strategiche di grande rilevanza. Abbiamo appena vinto un programma di cooperazione europeo che va sotto il nome di Ocean2020. Siamo un importante strumento della politica internazionale di questo Paese e un importante punto di forza dell' Italia per operare come sistema con gli altri Stati. All' interno dei confini, sentiamo la responsabilità anche sociale, e per questo da sempre prestiamo particolare attenzione all' innovazione e destiniamo annualmente circa il 15% (1,5 mld) dei nostri ricavi alle attività di Ricerca e Sviluppo per affrontare le sfide del futuro in maniera sostenibile. È peraltro l' unica via per garantirci il primato tecnologico, che ci permette di essere leader nel breve e nel lungo periodo». Quanto c' entra Leonardo con il fatto che l' Italia non è stata colpita dagli attentati islamici che hanno funestato altri Paesi Ue? «Non abbiamo avuto attentati, finora, perché abbiamo delle forze di sicurezza eccezionali, temprate dalla lotta al terrorismo e alle mafie e con una capacità di interconnessione e di dialogo molto sviluppata. Leonardo fornisce la tecnologia che sta dietro a questo mixaggio di informazioni. Siamo in tutta la filiera della sicurezza e il nostro apporto tecnologico è fondamentale». Come si sente un pacifista a guidare un' industria che produce armi sofisticatissime? «I latini dicevano "se vuoi la pace, prepara la guerra". È una massima ancora valida. Produrre sistemi di difesa non è un male, ma è indispensabile alla pace. Noi lavoriamo anche perché il signore che sta in Nord Corea sia inoffensivo qualsiasi pulsante decida di pigiare. Vorrei che Leonardo avesse un peso sempre maggiore nella sicurezza degli italiani, per consentire loro di non temere nulla, dall' Isis a Kim». Attualizzata la massima è "mettete dei cannoni nei vostri fiori"? «Noi fabbrichiamo sicurezza in un quadro mondiale sempre più complicato, sia dal punto di vista geopolitico sia da quello commerciale. Oggi, dopo 70 anni, continuiamo a rappresentare la principale realtà industriale italiana nel settore difesa e siamo un' eccellenza tecnologica riconosciuta a livello mondiale. Realizziamo prodotti, sistemi, servizi e soluzioni integrate che coprono le esigenze di difesa, protezione e sicurezza in terra, cielo, mare, spazio e cyber. Pensiamo anche di essere un grande motore di innovazione che ha ricadute su tutti i settori dell' economia». Come vanno i rapporti di Leonardo con il governo? «Ho incontrato diversi esponenti del nuovo governo trovando attenzione, alta capacità d' ascolto e piena consapevolezza del ruolo strategico di Leonardo per il Paese». Questo governo viene accusato di gravi deficit di competenza dagli esponenti dei governi precedenti: lei che ne ha viste tante e tanti, cosa ne pensa? «Nella Prima Repubblica esistevano meccanismi di selezione che consentivano alla classe politica fasi di apprendimento più lunghe, e questo era un punto di forza. Dal '94 a oggi, la cooptazione l' ha fatta da protagonista in tutti i partiti, paradossalmente in M5S meno che negli altri. Se parliamo di esperienza politica, nella Lega c' è: i 25 anni di mestiere di Salvini si vedono tutti. Cinquestelle non può vantare questa esperienza, ma ho riscontrato una forte predisposizione all' apprendimento». Come spiega lo sconvolgimento politico accaduto in Italia? «Il fatto che al potere arrivino nuovi soggetti è indice che la democrazia è viva, non che c' è il rischio di una deriva autoritaria. I cambi di maggioranza sono una cosa sana. Stiamo assistendo a questo fenomeno, logicamente dovuto al fatto che chi c' era prima non è stato in grado di intercettare i bisogni della cittadinanza e di dare alle persone le risposte che volevano, mentre chi governa ha saputo interpretare la volontà di cambiamento degli elettori». Questo governo ha fatto per ora due cose: ha cambiato la politica sull' immigrazione e preparato il decreto dignità contro il precariato: cosa ne pensa? «Sull' immigrazione Salvini sta provando a dare una risposta alle richieste della sua base elettorale. Al di là di come la si pensi, regolare l' immigrazione è un' esigenza del Paese ed è giusto adoperarsi perché l' Italia non sia più lasciata sola a gestire un' emergenza che è di tutta l' Europa. Anche se alcuni Paesi hanno accolto più di noi, è giusto sensibilizzare l' Europa, che sta sottovalutando i nostri problemi». E il decreto dignità? «C' è una forte polarizzazione sul tema. Osservo solo una cosa: Marchionne non si è mai lamentato del costo del lavoro. La sua battaglia è sempre stata per la qualità della prestazione e la sua lezione è che dobbiamo fabbricare prodotti di livello per nicchie globali, perché così possiamo avere un valore aggiunto alto. Io conosco bene l' opera di Marchionne, essendo stato il suo maggior creditore ai tempi del convertendo Fiat: ho visto i conti dell' azienda quando lui la prese e le assicuro che ha fatto un miracolo. I nostri imprenditori non devono pensare che il costo del lavoro sia l' unica variabile su cui agire. Importanti sono la strategia, i prodotti, la quantità e la qualità dell' investimento». Dopo Marchionne, parliamo di lei: a cosa deve la sua fortuna, carattere o capacità? «La prima cosa per me è stata la fortuna di avere dei buoni capi che mi hanno insegnato e valorizzato. Poi la caparbietà è fondamentale. A lavorare impari mentre lo fai, se ti applichi e hai la fortuna di avere maestri che ti insegnano e valorizzano. Però devi avere il coraggio di rischiare. Fui io al Banco Lariano a chiedere di cambiare mansione, e fu la prima svolta. Poi lasciai, accettando di guadagnare molto meno, per fare quasi il ragazzo di bottega in McKinsey, e mi rimisi in discussione al Credito Italiano, dove avevo gente più vecchia di me che mi faceva morire ogni giorno perché sapeva che ero destinato a crescere». E poi dice che non c' è profumo di arrogance «Io? I tre colleghi di Unicredit ai quali sono rimasto più legato dicevano che ero troppo democratico, ascoltavo tutti. Ancora oggi sono uno che si affeziona moltissimo alle persone con cui lavora, che vive di passioni e di emozioni. Ho recentemente accompagnato all' altare la moglie di un amico di mio figlio, orfana, e sono scoppiato a piangere dall' emozione. Io anziché lei». di Pietro Senaldi