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Derivati, l'ultima bomba finanziaria al cuore dell'Europa: cosa non può fermare neanche Draghi

Gino Coala
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I guai per i mercati finanziari nel 2019 sono appena cominciati. Non bastava il segno meno con cui le principali borse europee hanno aperto il nuovo anno. Le pessime notizie arrivano anche dall'ultimo dettagliato rapporto dell'Esma, l'autorità sui mercati finanziari, che ha svelato l'entità della minaccia rappresentata dai derivati in tutto il mondo. Secondo il dossier, a fine 2017, il solo mercato europeo dei derivati ha registrato un valore nozionale di ben 660 mila miliardi di euro, di cui oltre 542 mila sono derivati over the counter (Otc), cioè quelli contrattati fuori dei mercati regolamentari. Leggi anche: L'euro e il tasso di cambio drogato, così la Germania si è arricchita a spese nostre Il rischio è tutto nella natura di questi derivati, come sottolineano l'ex sottosegretario Mario Lettieri e l'economista Paolo Raimondi su Italia Oggi. Come rivelato dallo studio dell'Esma, il 69% di tutti i derivati è legato all'andamento dei tassi di interesse. Quelli basati sulle monete sono il 12%, per la maggior parte contratti di meno di un anno. Un mercato nelle mani di grandi società di investimento e banche che detengono il 95% delle attività. E non meno secondario è il dato che riguarda i derivati europei e le monete a cui sono legati. Il 33% sono denominati in dollari, il 28% in euro e l'11% in sterline britanniche: "Ciò non è irrilevante - scrivono gli economisti - perché evidenzia il rischio che il mercato europeo potrebbe anche essere influenzato dall'andamento di altre monete, fuori dal controllo della Bce". I pericoli sono innumerevoli e non risparmiarno le banche. Dalla Deutsche Bank ad altri colossi del credito, in tanti si sono concentrati a investire meno nell'economia reale e più nella deregulation finanziaria e la speculazione. Come rivelato anche dall'ultimo studio di Mediobanca, delle 12 banche internazionali coinvolte nei derivati, ben 9 sono europee. Se dovesse scoppiare la bolla di questi prodotti, le conseguenze sugli istituti di credito europei sarebbero complicati da prevedere, e di certo non arriverebbero buone notizie per i correntisti.

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