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Via i contanti dagli uffici pubblici: così Asl e Comuni ci complicano la vita

Cristina Agostini
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Dal Piemonte e dal Lazio arrivano segnalazioni e proteste relativi ad enti pubblici che non accettano più i pagamenti in contanti. È il caso - e da un anno! - dell' Azienda sanitaria della provincia di Cuneo che rifiuta ai cittadini la possibilità di pagare in contanti visite e analisi con grosso disagio di molte persone, soprattutto anziani e malati, costrette successivamente a recarsi in farmacia per pagare il dovuto ma con un' aggiunta di 1,50 euro, perdendo tempo e spesso ritrovandosi nella necessità di farsi aiutare. Leggi anche: "La patrimoniale, verso un prelievo del 10-12%": la voce terrificante sul raid nel tuo conto corrente Certo, la gestione del servizio cassa per contanti è molto onerosa, essendo esposta a possibili furti e malversazioni, per non parlare degli oneri relativi al conteggio e al trasporto della valuta. Ma è anche vero che rappresenta tuttora una modalità diffusissima, anzi di gran lunga prevalente, nella maggior parte delle transazioni economiche tra privati: gli ultimi dati del Politecnico di Milano rivelano che le famiglie pagano con moneta elettronica (carte di credito, bancomat e borsellini digitali vari) appena il 28% delle loro transazioni, meno di un terzo, e il vicepremier Matteo Salvini ha detto recentemente che «fosse per lui non metterebbe alcun limite all' uso del contante». E con simili premesse, cosa ti fa quell' Asl? Ti rifiuta l' uso del contante ai cittadini, provocando forti disagi soprattutto alle fasce più deboli. Ancora meno comprensibile è che dallo scorso 1° gennaio non sia ammesso il pagamento in contanti dei servizi agli sportelli anagrafici municipali di Roma Capitale, dove ora si accettano esclusivamente carte di credito, bancomat o sistema PagoPA. Altrimenti è possibile pagare online sul sito internet di Roma Capitale oppure attraverso il servizio CBill se offerto dalla propria banca. Ancora tramite i prestatori di servizio di pagamenti riconosciuti (Sisal, Lottomatica, Banche PA) e infine presso gli uffici postali oppure online su poste.it tramite bollettino di conto corrente. Il tutto con il corollario dell' inserimento del numero di conto e di codici assortiti relativi alla propria pratica. «Queste modalità di pagamento», si legge nel comunicato di Roma Capitale «più semplici, sicure e trasparenti, consentono al cittadino di corrispondere gli importi dovuti ottenendo ricevuta del pagamento effettuato da presentare agli sportelli per usufruire dei servizi richiesti». Si può essere anche d' accordo sul concetto, ma perché obbligare i cittadini ad avvalersi dei pagamenti digitali? Caldeggiarli, promuoverli, incentivarli, sì: renderli obbligatori, no. Il tutto considerando anche gli importi in genere pagati agli sportelli dell' anagrafe, davvero esigui e spesso consistenti in pochissimi euro. Anche in questo caso pensiamo agli anziani, oltre che agli stranieri. Senza scomodare l' articolo 693 del codice penale («Chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a trenta euro») occorre un appello al buon senso che consenta di ripristinare i pagamenti in contanti oggi negati. di Giuseppe D'Orta

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