Pensioni, oggi scatta la rapina: il taglio al tuo assegno, quanti soldi perdi da subito
L'allineamento temporale è beffardo. Lo scherzo c' è, come prevede la tradizione. Ma con il pesce d' aprile preparato dal governo ci sarà ben poco da divertirsi. Da oggi, infatti, tutti i pensionati (anche quelli nuovi di zecca prodotti da Quota 100, che scatta sempre oggi per i lavoratori privati) si ritroveranno in tasca un po' di quattrini in meno. Intendiamoci, non è una grande novità. Negli ultimi anni la spremitura degli anziani è stata costante e pervicace. Tra contributi di solidarietà e blocchi dell' adeguamento all' inflazione, gli assegni previdenziali sono stati una della principali fonti di riequilibrio dei conti pubblici. E anche quando la Corte costituzionale ci ha messo il becco, decretando l' illegittimità delle misure decise da Mario Monti che hanno praticamente azzerato la rivalutazione dei trattamenti, i pensionati sono rimasti comunque beffati. Il governo guidato da Matteo Renzi, infatti, per esigenze di bilancio ha restituito, col famoso bonus Poletti, solo le briciole (dal 40 al 10%) di quanto tolto. Leggi anche: Pensioni, il ricalcolo di aprile: chi ci smena Con il 2019, però, si pensava che il salasso fosse finalmente finito. Scaduta la proroga di un anno con cui il governo Renzi aveva prorogato fino al dicembre scorso il taglio delle perequazione introdotto dal governo Letta, dal primo gennaio di quest' anno si doveva tornare alla semi normalità. Ovvero alla legge 388 del 2000, che prevede leggeri assottigliamenti degli assegni più alti. Nel dettaglio, l' adeguamento all' inflazione viene bloccato al 90% per le pensioni tra le 3 e le 5 volte il minimo (fino a 2.565 euro lordi), del 75% per quelle più alte. Tagli effettuati, badate bene, con il metodo a scaglioni che si usa anche per le aliquote fiscali. Il che significa che tutti gli assegni vengono rivalutati del 100% fino a 3 volte il minimo (1539 euro lordi), del 90% per la quota che va da 3 a 5 volte il minimo e del 75% solo per la quota eccedente. SERVONO QUATTRINI Ma al governo dopo il braccio di ferro con la Ue sulla manovra, che ha imposto la riduzione del deficit dal 2,4 al 2,04%, serviva qualche miliardo in più. Così, i tecnici del Tesoro sono stati messi nuovamente al lavoro sulle pensioni. E la perequazione è finita un' altra volta nel tritacarne. Del resto, è il delitto quasi perfetto. Con poche centinaia di euro tolte ad una folta platea di persone si ottengono cifre consistenti senza dare troppo nell' occhio. E la stessa logica, quella del furto con destrezza, sta dietro la decisione di abbandonare il vecchio meccanismo a scaglioni per sostituirlo con uno ad aliquote secche. Appena si scavalla la soglia, si applica l' aliquota più elevata su tutta la somma e non solo sulla quota parte. Il trucco è quasi impossibile da scorgere. Ma pesa sul risultato finale, allargando ulteriormente la forbice con la rivalutazione ordinaria che sarebbe entrata in vigore senza interventi legislativi. Il conto complessivo per le casse dello Stato, al netto del minore gettito fiscale per l' Erario che deriva dal prosciugamento degli assegni, è di 253 milioni nel 2019, di 745 nel 2020 e di 1,2 miliardi. Questa è la stima fino al periodo di vigenza attualmente previsto. Ma gli incassi non terminano affatto con la morte della legge. Anche se la norma non dovesse venire prorogata negli anni successivi, nessuno restituirà i soldi persi ai pensionati. Gli adeguamenti all' inflazione partiranno dagli assegni così come sono dopo tre anni di decurtazione, prolungando dunque gli effetti positivi per il bilancio dello Stato e quelli negativi per le tasche degli italiani. L' incasso sarà di circa 1,2 miliardi l' anno, per un totale, fino al 2028, di oltre 10 miliardi di euro. Il nuovo calcolo è partito ufficialmente dal primo gennaio. Ma sarebbe stato troppo semplice far scattare da subito la decurtazione. L'Inps se l' è presa comoda e, nell' attesa, ha rivalutato le pensioni con il metodo ordinario. Tanto per far vedere ai malcapitati come sarebbe stato l' assegno senza sforbiciata. Il periodo di transizione terminerà, per l' appunto, oggi. Per quanto riguarda il conguaglio dei tre mesi di preparazione, gli arretrati per intenderci, ancora non è dato sapere. La stangata arriverà. Ma da Palazzo Chigi hanno consigliato di attendere comunque le elezioni europee. Il ricalcolo, invece, parte subito. L' Inps ha cercato di minimizzare l' impatto, sostenendo che le posizioni interessate sono "solo" 5,6 milioni e che per circa 2,6 milioni «la variazione media mensile dell' importo lordo risulta di 28 centesimi». Tutt'altra la versione dell' economista Alberto Brambilla, che si è fatto due calcoli e ha verificato non solo l' entità del taglio, ma anche la sua iniquità. «I pensionati più penalizzati», ha spiegato Brambilla, «saranno proprio quelli che hanno versato in maggior misura contributi e imposte», mentre poco o nulla accadrà a quegli 8 milioni di pensionati (su circa 17 totali) totalmente o parzialmente assistiti dallo Stato. IL MECCANISMO Vediamo nel dettaglio come saranno ridotte le prestazioni. Il meccanismo messo a punto da Di Maio & C. prevede sei fasce. Per gli assegni da 3 a 4 volte il minimo (sotto la rivalutazione è piena, come prima) l' adeguamento sarà del 97%. Per quelle da 4 a 5 la percentuale scende al 77%. Poi il taglio inizia a diventare robusto. Tra 5 e 6 volte l' asticella si ferma al 52%, per quelle tra 6 e 8 al 47% e per quelle tra 8 e 9 volte al 45%. Al di sopra la perequazione si ferma al 40%. Di che cifre stiamo parlando? Tenendo conto che il tasso di inflazione annuo è stato fissato, in via provvisoria, all' 1,1%, è possibile effettuare qualche calcolo. La perdita è ovviamente più leggera per le pensioni più basse. Anzi, quelle tra 3 e 4 volte il minimo guadagneranno addirittura qualcosa, visto che la legge del 2000 prevedeva una rivalutazione al 90 e quella del governo Conte al 97%. Dallo scalino successivo, però, si inizia a pagare. Pochi euro al mese per chi prende un assegno tra 4 e 5 volte (da 2.052 a 2.565 euro lordi, che sono 1.800 netti). Ma dopo il salasso si fa più sostanzioso. Per le pensioni da 6 volte il minimo (3.078 lordi, poco più di 2mila euro netti) la perdita annuale è di 167 euro, per quelle da 7 volte il minimo (3.591 lordi, circa 2.500 netti) è di 184 euro. Continuando a salire si arriva a 322 euro l' anno per pensioni di 10 volte il minimo (5.130 lordi). LA VERA BATOSTA La batosta è notevole, ma anche la cifra non è trascurabile, direte voi. Il problema è che più si sale con l' importo e più la pensione è il frutto, come spiega Brambilla, di una storia contributiva e fiscale senza buchi e senza regali da parte dello Stato. Qualche tempo fa in Italia scoppiò una rivolta per i sacchetti biodegradabili della spesa, che costano un paio di centesimi. Se a un pensionato che ha sempre pagato le tasse e versato il dovuto all' Inps e non naviga nell' oro tolgono un euro al giorno per finanziare il reddito di cittadinanza avrà il diritto di infuriarsi, o no? Ma non è tutto. Per questa stessa fascia di pensionati, quella che ha versato più contributi e ora incassa di più, da giugno scatterà un altro prelievo. Si tratta del famoso taglio delle cosiddette pensioni d' oro, vanto ed orgoglio di M5S. Qui il governo ha usato le maniere forti. L'incasso complessivo, di 205 milioni, è quasi irrisorio rispetto a quello previsto per la mancata perequazione. Ma la misura colpise solo 35mila pensionati. E sarà dolorosa per ciascuno di essi. La decurtazione si applica a tutti gli assegni sopra i 100mila euro lordi, con aliquote che vanno dal 15 al 40% La perdita annuale va dai 4.500 euro ai 200mila euro. Una punizione esemplare, per aver sempre rispettato la legge. di Sandro Iacometti