Pd e M5S, le opere della discordia
Roma, 22 ago. (AdnKronos) - L'Iva non deve aumentare, il cuneo fiscale deve essere ridotto e bisogna mettere in campo misure per l'ambiente. Facile trovarsi d'accordo su capitoli come questi. Ma quando si parla di realtà che vedono diviso il Paese in due tutto diventa più difficile. Se dovesse nascere un governo M5S-Pd come affronterebbe il caso ex Ilva? La Tav? E la Gronda? Sono temi che non possono essere ignorati o rimandati, perché avranno inevitabili ricadute sull'economica del Paese, e su cui sarà difficile trovare un'intesa. Il decreto legge con le misure che interessano i vertici di Arcelor Mittal, approvato dal Consiglio dei ministri all'inizio di agosto, e bloccato nel limbo della crisi estiva di governo, è solo l'ultima mossa di una partita che ha visto dai lati opposti della scacchiera il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle. I grillini hanno sempre detto di voler chiudere l'impianto siderurgico, schierandosi dalla parte dei cittadini che denunciano gli effetti provocati dalle emissioni degli stabilimenti sulle persone e sull'ambiente. Ma una volta arrivati al governo hanno dovuto correggere il tiro, accettando di portare avanti il piano avviato dal precedente governo (targato Pd), di riconversione dell'area. Aggiungendo però dei paletti, tra cui la limitazione degli scudi penali per i vertici di Arcelor Mittal. La mossa è stata vista da molti, Partito democratico compreso, come un passo che potrebbe mandare in fumo l'operazione di salvataggio del colosso siderurgico. E' giusto di ieri la bocciatura da parte del Mit del progetto per la Gronda di Ponente di Genova. Difficile pensare che non ci saranno problemi legati alla realizzazione dell'infrastruttura, che dovrebbe costare complessivamente circa 5 miliardi, di cui uno è già stato speso dall'Aspi. Il Partito democratico locale, infatti, difende il progetto e chiede al segretario, Nicola Zingaretti, di fare un accordo chiaro e non negoziabile sulla realizzazione della Gronda. Non meno complicato si presenta il dossier sulla Tav, con il Movimento 5 Stelle schierato con quella parte di popolazione che da sempre osteggia l'opera. Proprio l'alta velocità è stata la scintilla che ha acceso la crisi di governo. Dopo la conferma del via libera da parte del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per procedere con i lavori di realizzazione dell'infrastruttura, i grillini hanno portato la questione in Parlamento. E lo hanno fatto presentando una mozione per fermare l'opera, che non è passata; mentre passano tutte le altre mozioni pro Tav. Per arrivare ai numeri necessari a bloccare il tentativo del Movimento si crea un'alleanza, che oggi sembra a dir poco strana, tra Lega e Pd che votano insieme. Poi tutto precipita, con il vicepremier Matteo Salvini che, ritenendo inconciliabile un esecutivo diviso sul voto, mette la parola fine all'esperienza giallo-verde.