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Eurobond, la Germania dice no? Allora ridia all'Italia il suo debito di guerra

Cristina Rossello
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Una cosa è vedere il sentiero giusto, un' altra è imboccarlo. Finalmente una presa di posizione forte e coesa nel Paese a favore di quell' auspicata tempestiva operazione finanziaria europea che determini immediatamente l' immissione di liquidità di cui abbiamo bisogno. Si è raggiunta nel Paese la lungamente attesa consapevolezza che la catastrofe consente di derogare alla regola dei pareggi di bilancio. Il volo di Mario Draghi sul Financial Times, destinato a entrare nella storia europea, ha rotto gli argini di quella resistenza burocratica interna che rigidamente ci frenava ogni proposta. La sponda pronta e immediata dei migliori e più quotati economisti internazionali ha chiarito che in tempi di catastrofe, come quella che sta vivendo, l' Europa deve potersi muovere senza limiti.
Silvio Berlusconi, con Antonio Tajani, da più di due settimane sprona il governo in tal senso, spingendo e insistendo con suggerimenti generosi, senza facili opportunismi politici. Occorre subito un progetto nazionale ed europeo per dare ossigeno a chi ne ha bisogno. Il presidente Mattarella invoca il dovere dell' Unione europea di aiutare chi non ce la fa. E in questo momento unico Papa Francesco da Piazza San Pietro innalza una preghiera dando forza alla solidarietà umana nella fede dell' indulgenza plenaria.
Dunque Unione adesso o mai più. Se sul fronte europeo si profila un nuovo prezioso "assetto mediterraneo" che potrebbe dare in futuro nuovi interessanti sviluppi geopolitici, tuttavia le resistenze sono forti, con le ingenerose Germania e Olanda che oppongono i loro altolà. Non sono certo sviste o distrazioni le risposte di Lagarde e Von der Leyen. Abbandoniamo allora la generosità e invochiamo la gratitudine. Esiste una regola comune che va anche al di là della tecnica del diritto dei singoli Paesi Membri e risiede nella più ampia sfera giuridica dei rapporti che fondano l' Ue: la gratitudine.
La gratitudine è un valore, anche misurabile. Una donazione può addirittura essere sempre revocabile per ingratitudine, anche quando il donatario manifesti un sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastante con il senso di riconoscenza e di solidarietà che, secondo il comune sentire, dovrebbe invece improntarne l' atteggiamento. Un gruppo di Paesi dell' Unione europea ipotizza un prestito dell' Ue stessa: non contribuire perché non si ha stima nelle loro qualità restitutorie è ingratitudine. Non si chiede che la Germania restituisca qualcosa ma soltanto che contribuisca a costruire con gli altri Paesi europei, tutti insieme, un nuovo debito collettivo, di cui rispondere tutti insieme, partecipando con nuova fiducia globale per un avvenimento nuovo.

Investimento sul futuro - Si tratta di un investimento per il futuro: una partecipazione a un futuro debito. È storia. E se risaliamo al famoso debito di guerra tedesco dopo il 1945 apprendiamo che aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari (di allora) pari al 100% del Pil tedesco. La Germania non poteva pagare i debiti accumulati in due guerre da essa stessa provocate. La Russia pretese e ottenne il pagamento dei danni di guerra fino all' ultimo centesimo mentre l' Italia, insieme ad altri Paesi europei rinunciò a più di metà della somma dovuta da Berlino.
C' è un algoritmo per tutto, anche quello che calcola la gratitudine in caso di donazione.
Va spiegato alla Germania che l' avere rimesso un debito costituisce una donazione e che il trattato firmato a Londra fu una erogazione che le consentì di dimezzare il proprio debito di guerra del 50%, da 23 a 11,5 miliardi di dollari, dilazionato in 30 anni. In questo modo, la Germania poté evitare il proprio default. I Paesi che acconsentirono di non esigere il dovuto possono (devono) dunque ora invocare gratitudine per i popoli e la storia che essi rappresentano. Senza la donazione dell' accordo di Londra, la Germania avrebbe dovuto rimborsare debiti per 50 anni.

 

Tutti insieme - Ora dunque la Germania deve esprimere quella gratitudine che non è solo gesto magnanimo, ma dovere. E non le si chiede di restituire qualcosa, si badi, ma di partecipare semplicemente a un investimento collettivo. Lo shock da coronavirus richiede un' importante risposta europea il cui costo dovrà essere distribuito su più generazioni. Si può ora costruire tutti insieme in Europa un nuovo debito collettivo, di cui rispondere tutti dopo un lungo, lunghissimo, periodo di tempo, partecipando con nuova fiducia globale per un avvenimento nuovo.
In conclusione, si tratta di un investimento per il futuro: una partecipazione a un futuro debito. Bisogna agire subito.
Lo si potrebbe anche fare attraverso bond perpetui o a lunghissima scadenza garantiti dalla Bce, Germania permettendo.

di Cristina Rossello

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