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Bankitalia, Ucraina: in arrivo una crisi che stravolgerà il mondo, a cosa siamo condannati

Attilio Barbieri
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Mentre partono le semine primaverili di mais, cresce il rischio di una carestia che potrebbe sconvolgere il mercato delle materie prime alimentari. Non soltanto in Europa. Sui nostri campi pesa fra l'altro l'incognita della siccità, dopo un inverno che ha lasciato l'Italia con un terzo di pioggia in meno ma con precipitazioni praticamente dimezzate al Nord. Male difficoltà di approvvigionamento moltiplicate dall'invasione russa dell'Ucraina, preparano una crisi che può travolgere 100 milioni di persone, come ha spiegato il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, nel corso nel suo intervento a Economia e Società, quale futuro per un capitalismo democratico, organizzato dalla casa editrice Il Mulino ed Eur Culture per Roma. La crisi delle materie prime alimentari si somma agli effetti negativi della pandemia e rischia di innescare processi devastanti a livello economico e sociale. L'invasione dell'Ucraina «da parte della Russia», spiega il numero uno di Palazzo Koch, «sta mettendo a repentaglio l'assetto economico e finanziario internazionale emerso alla fine della Guerra Fredda e la stessa cooperazione multilaterale. Questo punto rende difficile prevedere le conseguenze».

 

 

 

VIA LIBERA UE

La decisione della Ue di liberare la coltivazione a cereali di 4 milioni di ettari aggiuntivi in Europa dei quali 200mila in Italia, può solo ammorbidire gli effetti di una penuria largamente annunciata. Nel nostro caso, secondo le stime della Coldiretti, il via libera di Bruxelles, dovrebbe «consentirci di aumentare di 15 milioni di quintali la produzione di cereali necessari per ridurre la dipendenza dall'estero». Ma la partenza è «rallentata ed in ritardo per la mancanza di precipitazioni necessarie alla lavorazione dei terreni e alla germinazione delle coltivazioni». Senza contare che quasi un'azienda agricola su tre si trova costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo per l'esplosione dei costi, dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi fino al +129% per il gasolio. E la battaglia del grano parte sotto la grande incognita delle speculazioni che condizionano pesantemente la quotazione delle commodity alimentari. Difficile dire come possa chiudersi la campagna attualmente in corso. Lo scorso anno siamo stati obbligati ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, senza contare l'import di mais e soia, fondamentali per l'alimentazione degli animali, con i raccolti nazionali che coprono rispettivamente appena il 53% e il 27% del fabbisogno italiano. «Tra pochi mesi», sottolinea sempre la Coldiretti, «inizierà la raccolta del grano seminato in autunno in Italia dove, secondo l'Istat si stimano 500.596 ettari a grano tenero per il pane, con un incremento dello 0,5% mentre la superficie del grano duro risulta in leggera flessione dell'1,4% per un totale di 1.211.304 ettari anche se, su questa prima analisi, pesano i ritardi delle semine per le avverse condizioni climatiche che potrebbero portare a rivedere il dato al rialzo».

 

 

 

TRENO DI MAIS

Positiva, invece, la notizia della prima spedizione di migliaia di tonnellate di mais dall'Ucraina attraverso il treno diretto ai confini ovest, mentre i porti del Paese sul Mar Nero rimangono bloccati a causa dell'invasione russa. Una notizia importante per l'Italia che acquista mais sui mercati esteri per oltre 6 milioni di tonnellate provenienti prevalentemente da Ungheria (1,85 milioni di tonnellate), Slovenia (780 mila tonnellate) e appunto Ucraina (770 mila tonnellate). Ma a rischiare di più sono i Paesi del Terzo Mondo. Secondo fonti Usa confermate dalle dichiarazioni del presidente francese Macron, sarebbe inevitabile una carestia mondiale entro un lasso di tempo fra 12 e 18 mesi, difficile da contrastare anche con il piano di emergenza per la sicurezza alimentare proposto a Bruxelles dall'inquilino dell'Eliseo. Fortemente esposti al rischio della penuria alimentare sono i Paesi del nord Africa e del Medio Oriente, quasi totalmente dipendenti dalle importazioni di cereali da Russia e Ucraina. 

 

 

 

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